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[Contributo al XI Congresso della Consociatio Internationalis Studio Iuris Canonici Promovendo, Budapest, settembre 2001, in Il Diritto Ecclesiastico, 113/1 (2002), pp. 147-176, e in P. Erdö – P. Szabó (a cura di), Territorialità e personalità nel diritto canonico ed ecclesiastico, Budapest, 2002, pp. 769-795].
Table of Contents
[1] 1. L’impostazione territoriale della competenza dei tribunali
[3] 3. I tribunali degli ordinariati militari
[4] 4. Il tribunale dell’ordinariato militare italiano
[5] 5. I tribunali delle prelature personali
[6] 6. Il tribunale della prelatura dell’Opus Dei
1. L’impostazione territoriale della competenza dei tribunali
Una riflessione sulla potestà giudiziaria e sulla competenza dei tribunali delle strutture gerarchiche personali secolari latine, mette in luce il paradosso, da una parte, della netta affermazione della potestà giudiziaria insita nell’ufficio degli organi capitali titolari della potestà di giurisdizione degli enti gerarchici personali secolari 1 e, dall’altra, dell’altrettanto decisa impostazione territoriale dell’esercizio di detta potestà giudiziaria e dei titoli legali di competenza giudiziale 2.
Infatti, il codice stabilisce, con carattere assiologico, il titolo princeps di competenza, il quale ha una valenza squisitamente personale: «actor sequitur forum partis conventae; quod si pars conventa multiplex forum habet, optio fori actori conceditur» (1407 § 3). Tuttavia, nel precisare come debba essere determinato il foro della parte convenuta, il codice fa ricorso soltanto a un concetto prettamente territoriale qual è quello del domicilio e del quasi-domicilio della parte convenuta (cfr. can. 1408). La territorialità è ulteriormente affermata, come unico criterio di competenza, dagli altri fori competenti in cui sono ricorrenti le espressioni «in loco» e «coram tribunali loci» (cfr. cann. 1409 § 1, 1410, 1411, 1412, 1413). Di conseguenza, l’unico titolo nel quale non viene utilizzato il criterio territoriale, quello della connessione (cfr. can. 1414), non può che rimandare ai precedenti fori locali.
Il carattere essenziale del territorio per l’esercizio della potestà giudiziaria, secondo l’impostazione codicistica, è ulteriormente confermata dal can. 1469, il quale, al § 1, indica le sole possibilità dell’esercizio della potestà giudiziaria extra territorium, in modo altrettanto territorialistico: «iudex e territorio suo vi expulsus vel a iurisdictione ibi exercenda impeditus, potest extra territorium iurisdictionem suam exercere et sententiam ferre, certiore tamen hac de re facto Episcopo dioecesano». Il § 2 del medesimo canone continua ad impostare secondo il concetto della territorialità l’esercizio di quella manifestazione della potestà giudiziaria che è l’attività istruttoria: «iudex, ex iusta causa et auditis partibus, potest ad probationes acquirendas etiam extra proprium territorium se conferre, de licentia tamen Episcopi dioecesani loci adeundi et in sede ab eodem designata» 3.
Invero, detto impianto normativo ha antiche radici 4. Già il Digesto aveva affermato: «extra territorium ius dicenti impune non paretur» (2.1.20), trovando fedele eco nella decretale Ut animarum di Bonifacio VIII: «extra territorium ius dicenti non pareatur impune» (VIº 1.2.2) 5. Perciò, quando il concilio di Vienne (a. 1311-1312) regolò, al decreto settimo, l’esercizio extra territorium della potestà giudiziaria di un vescovo che, per svariate ragioni, non poteva giudicare liberamente nella sua diocesi, sancì anche la tutela della potestà del vescovo del luogo tramite la richiesta della sua licenza 6. L’Ostiense adoperò lo stesso criterio quando definiva il concetto di foro: «Forum quid sit. Forum censetur secundum fines territorii cuiuslibet loci» 7. E il più noto processualista classico, Durante, impostò con identico metodo lo studio della nozione di giudice ordinario secolare: «sequitur videre quis sit iudex ordinarius alicuius. Et quidem is, in cuius territorio vel dioecesi quis domicilium habeatur» 8.
È vero che è ugualmente classica la competenza privilegiata su talune classi di persone, per cui la personalità non fu sconosciuta al diritto canonico classico, in un contesto fortemente territorialistico: «Quaero, numquid iurisdictio possit prorogari de territorio ad territorium alterius iudicis? Respondeo non, quia nulli praeest iurisdictioni, sed est omnino privatus, quia istud est extra fines rerum et personarum» 9. Comunque, che la territorialità fosse il criterio dominante nello ius decretalium appare in un opera monografica sulla potestà giudiziaria di metà del secolo XVII: «principaliter notabis regulam induci generalem ex nostro textu, nempe in loco domicilii sortiri forum, ita ut apud eius loci iudicem ordinarium conveniri possint qui domicilia habent in territorio subdito iurisdictioni ipsius, tam in civilibus, quam in criminalibus (…). (…) quoties fit mentio domicilii, intelligitur de domicilio habitationis et non originis» 10.
L’ultimo grande trattato processuale precodiciale, quello di Michele Lega, rifletteva puntualmente il principio della territorialità nell’esercizio della potestà giudiziaria: «“competentia” … dicit determinatam potestatem iudicandi attributam certo iudici quoad certas causas et in certo territorio» 11. Perciò non è da meravigliarsi che i membri della commissione sul libro «de processibus» della codificazione pio-benedettina parlassero di titoli di competenza personali soltanto in occasione della giurisdizione universale del Pontefice e di quella dei cosiddetti “regolari” (gli attuali superiori maggiori degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica clericali di diritto pontificio): «tribunalia ecclesiastica sive ordinaria sive delegata ita dividuntur ut quaedam sint territorialia quia eorum iurisdictio ligatur territorio…; alia non territorialia, veluti Tribunal personale Summi Pontificis et Tribunalia Regularium, quia eorum potestas res et personas immediate afficit ubicumque inveniantur» 12.
Infatti, il presidente della Commissione codificatrice, cardinale De Lai, non dubitò ad affermare: «nella Chiesa il giudice è competente “ratione territorii”» 13.
Il CIC 1917 prevedeva la giurisdizione secolare personale (giurisdizione in senso lato, senz’altro non giudiziaria) soltanto per alcune parrocchie, senza che la possibilità di tale criterio di assegnazione della giurisdizione fosse lasciata alla potestà del vescovo diocesano, essendo necessario uno speciale indulto pontificio: «non possunt sine speciali apostolico indulto constitui paroeciae pro diversitate sermonis seu nationis fidelium in eadem civitate vel territorio degentium, nec paroeciae mere familiares aut personales» (CIC 1917, can. 216 § 4). In ambito giudiziale il can. 201 § 2 sanciva il carattere assoluto della territorialità, poiché le eccezioni previste riguardavano il foro interno o l’esercizio extraterritoriale della potestà giudiziaria da parte del giudice espulso dal suo territorio o impedito, testé accennato: «iudicialis potestas tam ordinaria quam delegata exerceri nequit in proprium commodum aut extra territorium, salvis praescriptis can. 401, § 1, 881, § 2 et 1637». Infine, il § 3 del can. 201 prevedeva il foro personale nelle fattispecie di giurisdizione volontaria, assimilate all’arbitrato e, comunque, non “giudiziale” stricto sensu: «potestatem iurisdictionis voluntariam seu non-iudicialem quis exercere potest etiam in proprium commodum, aut extra territorium exsistens». Di conseguenza, tranne la competenza personale privilegiata di cui era titolare il Romano Pontefice e i tribunali apostolici stabilita dal can. 1557 (sostituito dal vigente can. 1405), tutta la potestà giudiziaria secolare era assiologicamente imperniata sulla territorialità. Anzi, fino al Concilio Vaticano II la territorialità era considerata essenziale per l’esercizio della giurisdizione secolare (non soltanto di quella giudiziale, secondo il brocardo: «iurisdictio sine territorio consistere nequit» 14) e, quindi, si determinava di fatto l’esclusività delle giurisdizioni territoriali, tranne poche eccezioni che comunque avevano bisogno di una base territoriale, seppur minima e alquanto artificiosa: si pensi, ad es., alla Mission de France 15.
2. La necessità di adeguare i titoli di competenza territoriale ai criteri di determinazione della giurisdizione delle strutture personali: il diritto ad essere giudicato dal «giudice naturale»
L’insufficienza dell’esclusivo criterio della territorialità per organizzare l’attività istituzionale (gerarchica) della Chiesa al servizio della propria missione, la «salus animarum», fu ampiamente trattata dal Concilio Vaticano II 16, grazie all’opera di alcuni autori che, in ambito canonistico, soffermarono la loro attenzione sulla natura della legge piuttosto che su quella della giurisdizione personale dell’autore della norma 17.
È stato segnalato che, in seguito all’iniziale armonizzazione ecclesiologica e giuridica fra territorialità e personalità riscontrabile nelle lettere paoline e nei primi scrittori ecclesiastici – secondo la felice intuizione di Dante: «ius est realis et personalis hominis ad hominem proportio, quae servata hominum servat societatem, et corrupta, corrumpit» 18 -, la territorialità diventò l’unico criterio per individualizzare le comunità e delimitare la giurisdizione 19, come abbiamo visto al paragrafo primo per quanto riguarda in particolare l’esercizio della potestà giudiziaria. Invece, dal Vaticano II, il criterio di determinazione diventa il coetus fidelium hierarchice instructus, cioè quella comunità di fedeli fecondata dal sacerdozio ministeriale e a capo della quale vi è un pastore con potestà di natura episcopale 20.
Infatti, la cost. dogm. Lumen gentium, nel tipizzare le comunità ecclesiali, rinuncia alla territorialità per incentrarsi sugli elementi personali che le strutturano: «societas autem organis hierarchicis instructa et mysticum Christi Corpus, coetus adspectabilis et communitas spiritualis» (n. 8a); «Episcopi igitur communitatis ministerium cum adiutoribus presbyteris et diaconis susceperunt, loco Dei praesidentes gregi, cuius sunt pastores, ut doctrinae magistri, sacri cultus sacerdotes, gubernationis ministri» (n. 20c); «Singuli Episcopi, qui particularibus Ecclesiis praeficiuntur, regimen suum pastorale super portionem Populi Dei sibi commissam … exercent» (n. 23b) 21. Detta impostazione è ugualmente riscontrabile nel decr. Christus Dominus: «dioecesis est Populi Dei portio, quae Episcopo cum cooperatione presbyterii pascenda concreditur, ita ut, pastori suo adhaerens ab eoque per Evangelium et Eucharistiam in Spiritu Sancto congregata, Ecclesiam particularem constituat» (n. 11a). Tuttavia, questo nuovo impianto ecclesiologico non intende rinunciare alla territorialità come modo abituale di determinazione degli ambiti di esercizio della giurisdizione 22.
L’impostazione dell’utilità della delimitazione personale della giurisdizione spinse i padri conciliari ad introdurre strutture gerarchiche secolari le quali, partecipando a pieno o meno del concetto di diocesi o entità ad essa assimilata, possedessero la flessibilità necessaria per promuovere la cura pastorale fra specifici gruppi sociali 23. E fra queste, alla vigilia della conclusione del concilio (7 dicembre 1965), il decr. Presbyterorum ordinis previde le diocesi “peculiares” e le prelature personali per «peculiaria opera pastoralia pro diversis coetibus socialibus, quae in aliqua regione, vel natione aut in quacumque terrarum orbis parte perficienda sunt» (n. 10b).
Incorporare la dottrina conciliare nel nuovo codice costituì lo scopo principale della Commissione codificatrice, come riconosce la prefazione del testo legale: «il Codice corrisponde in pieno alla natura della Chiesa, specialmente come viene proposta dal magistero del Concilio Vaticano II in genere, e in particolar modo dalla sua dottrina ecclesiologica. Anzi, in un certo senso, questo nuovo Codice potrebbe intendersi come un grande sforzo per tradurre in linguaggio canonistico questa stessa dottrina, cioè la ecclesiologia conciliare» 24. In particolare, la prefazione del codice dichiara l’incorporazione al testo legale dei criteri personali nella strutturazione delle circoscrizioni ecclesiastiche secolari, come era stato auspicato dall’8º principio approvato dal primo sinodo dei vescovi 25: «rationes enim hodierni apostolatus unitates iurisdictionales personales commendare videntur» 26. Infatti, il can. 369 prescinde dal territorio per definire la diocesi e il can. 372, dopo aver riconosciuto al § 1 che la territorialità non può non essere il modo abituale di circoscrivere le chiese particolari, al § 2 prevede le diocesi di natura personale «in eodem territorio» di quelle territoriali. Comunque, per motivi che sono stati ampiamente considerati 27, il riferimento ad altre circoscrizioni personali fu modificato alla fine del periodo codificatore: la normativa sulle prelature castrensi scomparve dallo Schema 1982 in seguito alla Plenaria 1981 28; e le prelature personali, la cui natura non appariva univocamente paragonabile a quella delle chiese particolari, furono spostate all’ultimo momento dalla sectio altera della seconda parte del libro II (De Ecclesiae constitutione hierarchica. De Ecclesiis particularibus deque earumdem coetibus), in cui erano previste nello Schema 1982 (cfr. cann. 573-576), all’attuale eclettica posizione codicistica (cfr. cann. 294-297), pur rimanendo espressa l’equiparazione fra le prelature personali e le chiese particolari ai cann. 265 e 266 § 1 29.
Tuttavia, malgrado il can. 135 § 1 affermi «potestas regiminis distinguitur in legislativam, exsecutivam et iudicialem», la stesura del libro settimo «de processibus», come abbiamo segnalato, non incorporò minimamente nel sistema giudiziario e fra i titoli di competenza l’impostazione personalista sancita dalla nuova organizzazione ecclesiale prevista dallo stesso codice. Considerata la natura gerarchica di diverse strutture personali secolari, per garantire il diritto di essere giudicato dal giudice naturale 30 ne deriva la necessità di adattare 31 i concetti territorialistici di “domicilio”, di “quasi-domicilio” 32 e di “tribunale del luogo” ai criteri personali di appartenenza alle suddette circoscrizioni 33.
3. I tribunali degli ordinariati militari
La legge sugli ordinariati militari – i quali, fino alla promulgazione della cost. ap. Spirituali militum curae, erano chiamati dai diversi progetti prelature castrensi 34 o militari 35, a prescindere dalla loro natura di chiese particolari 36 – esplicita la potestà giudiziaria insita nell’ufficio capitale dell’ordinariato e il suo obbligo di trasmetterla ad un tribunale vicario, senza che l’organo capitale sia espropriato dell’anzidetta potestà (cfr. cann. 1419-1421): «quoad causas iudiciales fidelium Ordinariatus militaris, competens est in prima instantia tribunal dioecesis in qua Ordinariatus militaris curia sedem habet; in statutis vero stabiliter designabitur tribunal appellationis. Si autem Ordinariatus suum habeat tribunal, appellationes deferentur ad tribunal quod ipse Ordinarius castrensis, probante Sede Apostolica, stabiliter designaverit (cf. CIC, can. 1438, 2º)» 37.
Per quanto riguarda il tribunale di prima istanza, la prima parte della norma stabilisce, come sistema sussidiario, una sorta di “proroga di competenza legale” in favore del tribunale diocesano in cui la curia dell’ordinariato militare ha la sede. Ciò è dovuto a ragioni di economia (risparmiare l’organizzazione, personale e materiale, della curia di giustizia dell’ordinariato militare) e a difficoltà di tipo pratico, come quella di dover disporre di soggetti idonei, con disponibilità di tempo per espletare l’incarico e con i titoli accademici richiesti dalla legge 38. La seconda parte dell’articolo prevede un’altra possibilità: la costituzione di un tribunale di prima istanza “specifico” dell’ordinariato. È meglio parlare di tribunale “specifico” anziché di “proprio” perché qualora il tribunale dell’ordinariato sia quello della diocesi in cui ha la sede, detto tribunale è ugualmente proprio della struttura personale, a somiglianza del tribunale interdiocesano il quale è il tribunale “proprio” di ogni vescovo diocesano che ha aderito liberamente a detto tribunale (cfr. can. 1423 § 1). L’ordinario militare ha la facoltà di costituire il suo tribunale di prima istanza anche quando gli statuti non ne parlino, essendo la potestà giudiziaria parte integrante della sua potestà di giurisdizione di natura episcopale (cfr. can. 135 § 1) 39. Perciò può essere considerata superflua l’affermazione di alcuni statuti in cui è indicato che l’ordinario «si riserva il diritto di costituire un Tribunale di prima istanza quando sarà in condizioni di erigerlo» 40. Infatti, l’ordinario ha tale facoltà quantunque non fosse stata dichiarata dagli statuti.
Per quanto riguarda, invece, il tribunale di appello, la prima parte dell’art. 14 della SMC indica che, qualora il tribunale di prima istanza dell’ordinariato sia quello della diocesi in cui ha la sede, «in statutis vero stabiliter designabitur tribunal appellationis». Invero, il disposto è sostanzialmente identico a quello della seconda parte della norma: «si autem Ordinariatus suum habeat tribunal, appellationes deferentur ad tribunal quod ipse Ordinarius castrensis, probante Sede Apostolica, stabiliter designaverit (cf. CIC, can. 1438, 2º)». Infatti, in entrambi i casi è richiesta sia la stabilità del tribunale di appello, sia l’approvazione della Santa Sede (nel primo caso di natura legislativa), ma sempre con l’intervento della Segnatura Apostolica, a proposta dell’ordinario militare e con il consenso dell’ufficio capitale da cui dipende il tribunale ad quod. In definitiva, nelle due fattispecie si applica sostanzialmente il can. 1438, 2º (e l’art. 124, 4º della cost. ap. Pastor bonus), riguardante i tribunali dei metropoliti e delle diocesi immediatamente soggette alla Santa Sede 41. La norma promulgata (SMC) modifica in questo punto il progetto del 1985, il quale non consentiva alcun intervento dell’ordinario nella determinazione del tribunale di appello: «si autem Praelatura suum habeat tribunal, appellationes deferentur ad tribunal dioecesis in qua Praelaturae curia sedem habeat» 42, come, d’altra parte, avviene con le diocesi suffraganee (cfr. can. 1438, 1º).
Beyer ha sostenuto che sarebbe possibile che l’ordinariato militare possedesse un tribunale di prima e di seconda istanza all’interno del medesimo ordinariato giacché, secondo quest’autore, è concessa la duplicità delle istanze all’interno della stessa giurisdizione, come avviene presso il Vicariato di Roma 43. Detta possibilità, invece, non è consentita alle strutture secolari, mentre è la norma per quelle degli istituti religiosi (cfr. can. 1438, 3º), e, d’altra parte, manifesta l’omogeneità della natura (secolare o “religiosa”) fra il tribunale di prima istanza e quello di seconda istanza non apostolico 44. Fra gli enti gerarchici secolari latini il caso della diocesi di Roma è unico per evitare che le sentenze di un tribunale vicario del Romano Pontefice siano sottoposte al tribunale vicario di un altro vescovo, fattispecie indirettamente vietata dal principio «Prima Sedes a nemine iudicatur» (can. 1404) 45. D’altra parte, i diversi “turni” presso la Rota della Nunziatura Apostolica in Spagna – a somiglianza di quelli presso il Tribunale della Congregazione per la dottrina della fede, la Segnatura Apostolica e la Rota Romana – manifestano un privilegio pontificio attribuito alla Rota spagnola 46. Infatti, secondo il diritto comune secolare, la potestà giudiziaria del tribunale di appello deve provenire da un ufficio capitale diverso da quello del tribunale di prima istanza, non bastando la mera diversità personale dei giudici 47.
È stato detto che l’eventuale perdita della condizione di fedele dell’ordinariato militare pone problemi all’esercizio della potestà giudiziaria da parte di questa giurisdizione personale, giacché il tribunale si troverebbe a emanare una sentenza avendo perso la giurisdizione sulle parti 48. L’affermazione è inesatta giacché la perdita della condizione di fedele dell’ordinariato militare, in seguito all’inizio dell’istanza giudiziale, non sottrae le parti dalla giurisdizione del tribunale, così come il cambio di domicilio o di quasi-domicilio della parte convenuta dopo la citazione e prima della sentenza non comporta la perdita della giurisdizione del tribunale di detto foro (cfr. can. 1408): il tribunale continua ad essere competente per la perpetuatio iurisdictionis (cfr. can. 1512, 2º), giacché, finché non si conclude l’istanza, «tribunal semel competens, semper competens» 49.
Lo studio degli statuti degli ordinariati militari consente, almeno per quanto riguarda la disciplina sui tribunali, l’identificazione di “famiglie” di statuti. Infatti, la pratica totalità degli statuti si adegua, con termini molto simili, alla prima parte dell’art. 14 della SMC e affermano che il tribunale dell’ordinariato è quello della diocesi in cui questi ha la sede (nella maggior parte dei casi la capitale del Paese) e, inoltre, indicano qual è il tribunale di appello, che spesso coincide con quello di seconda istanza per il tribunale che funge di prima istanza dell’ordinariato. In non pochi casi il tribunale di prima istanza (quello della diocesi in cui l’ordinariato ha la sua sede) è interdiocesano e, ancora più frequentemente, è interdiocesano quello di seconda istanza 50.
Baura e Viana affermano che gli ordinariati del Kenya e della Nuova Zelanda hanno un tribunale proprio, da prima della promulgazione della SMC 51. In realtà, la loro affermazione è fondata soltanto sui decreti di erezioni di entrambi gli ordinariati (rispettivamente nel 1981 e nel 1976) i quali semplicemente indicano, in modo identico, che «a causis … in prima instantia pertractatis coram iudicio Vicarii Castrensis fit appellatio ad Metropolitam, seu Episcopum alium residentialem semel pro semper electum, praevia huius Sacrae Congregationis approbatione» 52; invece, non esistono detti tribunali di prima istanza 53. Di conseguenza, considerata la competenza concorrente 54 del tribunale dell’ordinariato con quelli diocesani, i tribunali di prima istanza di questi ordinariati sono quelli diocesani o interdiocesani, senza che esista alcun vuoto di giurisdizione. Invero, la situazione di questi due Paesi assomiglia piuttosto a quella del Cile e del Venezuela i cui statuti dichiarano che il tribunale di prima istanza è quello diocesano dove l’ordinariato ha la sede e, inoltre, come abbiamo segnalato, affermano – anche in questo caso in modo identico, confermando l’esistenza di “famiglie” di statuti – che l’ordinario «si riserva il diritto di costituire un Tribunale di prima istanza quando sarà in condizione di erigerlo» 55.
Gli statuti dell’ordinariato militare della Spagna indicano che il tribunale di prima e di seconda istanza è la Rota spagnola 56. Invero, nello stabilire la Rota della Nunziatura Apostolica in Spagna come tribunale di prima istanza, gli statuti non potevano non designare la medesima Rota spagnola come tribunale periferico di appello (presso un altro turno), non essendo ammesso l’appello contro le sentenze della Rota spagnola presso alcun altro tribunale spagnolo. Comunque, la situazione della Rota spagnola al momento di promulgare detti statuti è profondamente cambiata dal 1999: fino alla promulgazione del m.p. Nuntiaturae Apostolicae in Hispania 57, la Rota Romana era incompetente per giudicare le cause della Rota spagnola e, quindi, tranne che vi fosse stata la commissione pontificia in favore della Rota Romana, la causa doveva essere trattata in tutte le istanze dalla Rota spagnola 58. Dal nuovo motu proprio, invece, contro le sentenze della Rota spagnola si può adire la Rota Romana, in seconda o ulteriore istanza, alle medesime condizioni di qualsiasi altro tribunale periferico di prima o di seconda istanza della Chiesa 59.
Da quanto risulta dai dati riportati sull’Annuario Pontificio soltanto due ordinariati militari hanno veri tribunali propri: l’Italia e gli Stati Uniti di America 60. Quest’ultimo ha, di fatto, una giurisdizione internazionale a causa della diffusione delle basi militari americane in più Paesi e a causa dei loro impiegati (spesso titolari della nazionalità del Paese in cui ha sede la base militare) che sono sottoposti alla giurisdizione dell’ordinariato militare USA 61, la quale è concorrente con quella dei tribunali locali delle diocesi dei Paesi in cui detti fedeli hanno il domicilio.
4. Il tribunale dell’ordinariato militare italiano
La normativa sul tribunale dell’ordinariato militare italiano, dalla promulgazione dei suoi statuti nel 1987 62, ha subito diverse modifiche la cui analisi è interessante.
L’art. 44 degli statuti stabilisce: «l’Ordinariato Militare costituisce il proprio Tribunale di prima istanza con le competenze previste dalla legislazione canonica in Italia…». Un anno dopo (1988), l’ordinario designava i membri del suo tribunale con un decreto che, pur richiamandosi agli statuti, sembrava non tener conto della costituzione del tribunale, già avvenuta ex lege, la quale, d’altra parte, non fa altro che “dichiarare” la potestà giudiziaria che, a norma del can. 135 § 1, spetta a detto ufficio capitale 63.
Il problema è comprendere il significato dell’espressione «con le competenze previste dalla legislazione canonica in Italia» di detto art. 44. Infatti, com’è ben noto, nel 1938 Pio XI costituì i tribunali regionali italiani, di prima e di seconda istanza, per le cause di nullità del matrimonio, sottraendo dette cause dalla competenza dei vescovi diocesani italiani 64, i quali diventavano materialmente incompetenti e, quindi, inabilitati, sub poena nullitatis sententiae, per giudicare dette cause, personalmente o tramite i loro tribunali diocesani. A mio giudizio, detta riserva pontificia è cessata con la promulgazione del CIC 1983 che – in attenzione all’ecclesiogia del Vaticano II di rispetto della potestà dei vescovi diocesani – concede a questi la possibilità di erigere tribunali interdiocesani, di aderire a quelli già esistenti e di discostarvisi per affidare in via vicaria la loro potestà giudiziaria propria al tribunale diocesano. Infatti, nel can. 1423 «ex integro ordinatur» la normativa universale sui tribunali interdiocesani (can. 6 § 1, 4º) e non mi risulta che la riserva stabilita dal m.p. Qua cura, impostata su un’ecclesiologia diversa da quella del Vaticano II e contraria alle disposizioni del codice, sia stata confermata da una legge pontificia posteriore al codice (cfr. can. 6 § 1, 2º) 65. Infatti, la cost. ap. Ecclesia in Urbe, circa il nuovo ordinamento del Vicariato di Roma (1º gennaio 1998) semplicemente indica che l’organizzazione giudiziaria e il sistema di competenza stabilito sono «in armonia con quanto stabilito dalle norme del Motu proprio Qua cura» 66. D’altra parte, le Norme circa il regime amministrativo dei Tribunali ecclesiastici regionali italiani della Conferenza Episcopale Italiana (19 ottobre 1998) 67 citano il m.p. Qua cura in un contesto che non implica la riserva pontificia della competenza sulle cause di nullità del matrimonio, giacché le norme trattano di questioni meramente amministrative e, inoltre, manifestano la libera volontà dei vescovi italiani di far propria l’organizzazione giudiziaria stabilita da Pio XI e di affidare a detti tribunali interdiocesani la competenza materiale sulle cause di nullità del matrimonio, in conformità con il can. 1423 § 2: «tribunalia … constitui possunt … ad aliqua tantum causarum genera». In definitiva, i vescovi italiani hanno voluto ratificare il sistema del m.p. Qua cura, ma nulla vieta che possano modificarlo, ad es., qualora un vescovo volesse affidare le cause di nullità del matrimonio al proprio tribunale diocesano, già esistente per le altre cause.
Di conseguenza, l’espressione dell’art. 44 degli statuti dell’ordinariato militare italiano («con le competenze previste dalla legislazione canonica in Italia») rinvia al vigente sistema italiano di organizzazione giudiziaria secondo cui i vescovi hanno ratificato implicitamente i tribunali regionali stabiliti da Pio XI nel 1938, pur essendo liberi di aderire o meno a detti tribunali, a norma del can. 1423. Comunque, questa impostazione non è stata recepita esplicitamente né dall’ordinariato militare italiano né dalla Segnatura Apostolica. Infatti, ad istanza dell’ordinariato, la Segnatura ha affermato: «perspecto quod (…) in Italia quoad causas matrimoniales competentia sunt unice tribunalia regionalia» e, quindi, ha affermato la competenza in prima istanza del Tribunale Ecclesiastico Regionale del Lazio, presso il Vicariato di Roma 68. Ciò può significare che l’ordinario militare e la Segnatura continuano a ritenere vigente la riserva del m.p. Qua cura. Tuttavia, è anche possibile interpretare questo provvedimento come il mero riconoscimento della situazione di fatto in Italia, senza che la Segnatura si sia pronunciata sulla vigenza della riserva pontificia in favore dei tribunali regionali. Detto affidamento della competenza delle cause di nullità del matrimonio dell’ordinariato militare al Tribunale Regionale del Lazio non sarebbe di natura dichiarativa, bensì costitutiva, in quanto manifesta la libera adesione dell’ordinario militare italiano a tale tribunale interdiocesano. Questa scelta dell’ordinario militare, approvata dalla Segnatura Apostolica nel 1997, non trova riscontro nella citata cost. ap. Ecclesia in Urbe (1998) il cui art. 39 § 1 dichiara la competenza del Tribunale di Prima Istanza del Vicariato per le cause di nullità di matrimonio della sola Regione Lazio, senza accennare all’ordinariato militare.
D’altra parte, le cause di nullità del matrimonio introdotte in prima istanza per le fattispecie dei nn. 3 e 4 del can. 1673 devono adempiere le condizioni di validità dei titoli di competenza richieste dalla legge. Vale a dire, qualora un militare chiedesse la nullità del matrimonio presso il foro dell’attore (cfr. can. 1673, 3º) – trovandosi l’altro coniuge senza domicilio né quasi-domicilio presso l’ordinariato militare, ad es., in seguito alla legittima separazione coniugale -, il tribunale dell’ordinariato militare (adesso quello del Tribunale di Prima Istanza del Vicariato), per essere legittimamente competente, dovrebbe ottenere il consenso del vicario giudiziale del domicilio della parte convenuta, la quale dovrebbe risiedere nel territorio della conferenza episcopale nazionale in cui il tribunale dell’ordinariato ha la sede 69.
Per quanto riguarda, invece, il tribunale di appello dell’ordinariato, gli statuti (6 agosto 1987) stabiliscono: «l’Ordinario Militare designa quale Tribunale di appello il Tribunale regionale del Lazio» (art. 45). Il tribunale di seconda istanza indicato da questa norma manifestava la situazione organizzativa dei tribunali presso il Vicariato di Roma in quella data. Infatti, presso il Vicariato non vi era un apposito tribunale di seconda istanza e, quindi, gli appelli contro le sentenze di prima istanza del Tribunale regionale del Lazio (nelle cause di nullità del matrimonio) dovevano essere rivolti necessariamente presso la Rota Romana 70. Poco tempo dopo (26 dicembre 1987) fu costituito il tribunale di appello presso il Vicariato «ut Tribunal Apostolicum Rotae Romanae magis magisque in luce ponatur in exercitio sui muneris erga universam Ecclesiam idemque munus efficacius explere valeat, ac proinde eximatur de munere agendi in gradu appellationis omnes causas in quibus appellatur a sententia in prima instantia a tribunali Regionali Latii lata» 71. Comunque, il 7 ottobre 1988, l’ordinario militare continuava ad affidare gli appelli contro le sentenze del proprio tribunale a quello interdiocesano di prima istanza presso il Vicariato di Roma: «in conformità agli Statuti (titolo VIII, n. 45) designa quale Tribunale di appello il Tribunale del Lazio, eretto presso il Vicariato di Roma» 72. Essendo questa situazione difforme al sistema stabilito dal m.p. Sollicita cura, la Congregazione per i vescovi, dopo l’approvazione della Segnatura Apostolica 73, adeguò il n. 45 degli statuti al nuovo impianto: «l’Ordinariato Militare avrà come Foro di secondo grado il Tribunale di Appello presso il Vicariato di Roma» 74. La cost. ap. Ecclesia in Urbe accoglie tale modifica: «il Tribunale di Appello [del Vicariato di Roma] tratta le cause decise in primo grado: dal Tribunale Ordinario della Diocesi di Roma; dal Tribunale di Prima Istanza per le cause di nullità di matrimonio della Regione Lazio; dai Tribunali Regionali Campano e Sardo per le cause di nullità di matrimonio; dai Tribunali Diocesani delle Diocesi del Lazio; dal Tribunale dell’Ordinariato Militare per l’Italia; dal Tribunale della Prelatura Personale della Santa Croce e Opus Dei» (art. 40 § 1) 75.
5. I tribunali delle prelature personali
La citazione appena riportata della cost. ap. Ecclesia in Urbe serve per introdurre i cenni sui tribunali delle prelature personali. Infatti, la norma applica il medesimo criterio organizzativo a diversi enti: alle diocesi di Roma e delle regioni Lazio, Campania e Sardegna, all’ordinariato militare italiano e alla prelatura personale dell’Opus Dei (comunque, adesso tratterò dei tribunali delle prelature personali in astratto, per considerare quello della prelatura dell’Opus Dei nel paragrafo successivo). Questa unitarietà non può non manifestare un necessario comune denominatore fra tutti i menzionati enti: quello di essere strutture gerarchiche secolari, territoriali gli uni (le diverse diocesi) e personali gli altri (l’ordinariato militare e la prelatura personale), come manifesta la sistematica dell’Annuario Pontificio 76.
Quantunque non possa soffermarmi in questa sede sul merito del dibattito riguardante la natura delle prelature personali 77, non si può non riconoscere, da una parte, l’influsso che sulla questione della natura delle prelature personali hanno le diverse posizioni dottrinali riguardanti l’affermazione che l’Opus Dei sia una giurisdizione gerarchica secolare composta dal binomio ordo-plebs con un ufficio capitale di natura episcopale, a prescindere dal fatto che i due prelati finora nominati dal Papa siano stati anche consacrati vescovi 78. Dall’altra parte, è ugualmente evidente che i dati normativi esistenti sui tribunali delle prelature personali costituiscono un motivo in più per affermare la loro natura gerarchica e la piena appartenenza all’ente dei laici incorporati mediante le convenzioni di cui al can. 296 (come si evince dall’espressione «organica cooperatio», tale convenzione ha valenza ecclesiale e non meramente “lavorativa”). Infatti, appare manifestazione di un pregiudizio ermeneutico, non giustificato scientificamente, quello di voler comprendere la figura astratta della prelatura «ad peculiaria opera pastoralia perficienda» (decr. Presbyterorum ordinis, n. 10; can. 294) rinunciando ad utilizzare i dati forniti dal medesimo legislatore universale (Giovanni Paolo II) nella legislazione particolare sull’Opus Dei, o, addirittura, sostenendo l’incongruenza della legislazione universale con quella particolare 79.
Nel caso degli attuali ordinariati militari è pacifica sia la potestà giudiziaria dell’ufficio capitale, sia la competenza dei loro tribunali sulle cause di nullità del matrimonio, come è dimostrato dai loro statuti. Per le prelature personali di cui ai cann. 295-297 è altrettanto evidente l’anzidetta potestà giudiziaria, sebbene la competenza sulle cause di nullità del matrimonio dipenderà dal fatto che la celebrazione del matrimonio rientri o meno fra la giurisdizione dei propri pastori (cfr. can. 1110), a norma del diritto particolare di ogni prelatura, il quale manifesterà l’ambito della giurisdizione del prelato in funzione della missione pastorale affidatagli. Detta giurisdizione su uno dei coniugi include la giurisdizione sull’altro, anche se non è un fedele della prelatura personale, rispettando comunque rigorosamente i titoli di competenza sanciti dal can. 1673 riguardo ai quali l’appartenenza alla prelatura sarà equiparata al domicilio previsto dal canone.
Allo stesso modo appare chiara la competenza del prelato per adempiere l’istruttoria nelle cause di beatificazione e di canonizzazione dei propri fedeli chierici e laici, costituendo il raggiungimento della pienezza della vita cristiana (la santità) lo scopo ultimo di ogni circoscrizione ecclesiastica. Infatti, il codice riporta detta competenza nell’ambito della potestà giudiziaria (cfr. can. 1403) e la lex fundamentalis su dette cause (la cost. ap. Divinus perfectionis magister) affida tale istruttoria «Episcopis dioecesanis vel hierarchis ceterisque in iure aequiparatis, intra fines suae iurisdictionis, sive ex officio, sive ad instantiam singulorum fidelium (…), ius inquirendi circa vitam, virtutes vel martyrium» (n. I, 1) 80. La normativa applicativa della costituzione apostolica, nel determinare l’esercizio di detta potestà giudiziaria istruttoria (che può essere affidata dal titolare dell’ufficio capitale a un sacerdote idoneo, chiamato “delegato”, o al tribunale diocesano: infatti, la terminologia adoperata è quella processuale ed è richiesto l’intervento del promotore di giustizia), adopera quella medesima territorialità che è utilizzata dal CIC per determinare i titoli di competenza giudiziale 81. Comunque, riteniamo sufficientemente dimostrato nelle pagine precedenti la necessità di adeguare detta territorialità al principio della personalità. Talvolta, tale adattamento alle strutture gerarchiche personali potrà comportare qualche difficoltà che dovrà essere risolta secondo i criteri analogici utili per colmare la lacuna di legge (cfr. can. 19). Ad es., la prevista consultazione alla conferenza episcopale 82, non pone alcun problema nel caso delle prelature personali di ambito nazionale; per quelle sopranazionali, dovrà essere consultata la conferenza episcopale nel quale territorio è morta la persona la cui causa intende avviarsi.
In ambito penale la competenza del tribunale riguarderà tutti i fedeli della prelatura (sacerdoti e laici), concorrentemente con quella dei tribunali del luogo in cui il delitto sia stato commesso (cfr. can. 1412) e del domicilio o quasi-domicilio dell’accusato (cfr. can. 1408). Sui non fedeli della prelatura, il tribunale sarà anche competente (cfr. can. 13 § 2, 2º), ad es., nella fattispecie dell’intervento eretico di un non suddito presso una sede su cui il prelato ha giurisdizione (vgr. una Università diretta dalla prelatura), o in quell’altra dell’aborto realizzato (effectu secuto: can. 1398) presso un ospedale sul quale il prelato abbia giurisdizione, anche se il medico, il paziente e i collaboratori necessari del delitto non appartengono alla prelatura. Moneta considera prevalente la giurisdizione personale rispetto a quella territoriale in ambito penale 83.
6. Il tribunale della prelatura dell’Opus Dei
In 1996 il Bollettino della Prelatura dell’Opus Dei informava che era stato costituito il tribunale di prima istanza della prelatura 84. Vi è chi ha ipotizzato che detta costituzione non fosse prevista dai documenti pontifici d’istituzione della prelatura (1982-1983) – la cost. ap. Ut sit e gli statuti della prelatura 85 -, i quali non avrebbero previsto la potestà giudiziaria del prelato, e che, quindi, detta potestà giudiziaria, che necessariamente è alla base della costituzione del tribunale, sia stata conferita da qualche documento pontificio successivo sconosciuto 86. La realtà è molto più semplice, come manifestano chiaramente i quattro documenti riguardanti la costituzione del tribunale. Detti documenti, in ordine cronologico formale (è chiaro che l’inizio genetico fu la volontà del prelato di erigere il tribunale) sono: a) il rescritto del Cardinale Vicario di Roma (16 novembre 1995 87) con il quale diede il suo benestare (la Segnatura Apostolica lo chiama «consensus») affinché il Tribunale di Appello presso il Vicariato di Roma fosse il tribunale di seconda istanza del tribunale della prelatura, b) il citato decreto della Segnatura Apostolica di approvazione del Tribunale di Appello presso il Vicariato di Roma come tribunale di secondo grado del tribunale della prelatura (15 gennaio 1996), c) l’anche citato decreto del prelato di costituzione del tribunale (24 gennaio 1996) e, infine, d) la nomina dei diversi uffici del tribunale (vicario giudiziale, giudici, promotore di giustizia, difensore del vincolo e notaio) fatta dal vescovo prelato (8 febbraio 1996) 88.
Tutti questi documenti hanno, nel contempo, natura sia costitutiva che meramente dichiarativa. Costitutiva in quanto pongono in essere istituti non esistenti prima di allora: il consenso del Cardinale Vicario di Roma, l’approvazione della Segnatura Apostolica del tribunale di appello, l’erezione del tribunale da parte del prelato e la nomina dei membri del tribunale. Dichiarativa perché gli autori dei citati documenti non fanno altro che esercitare diritti già posseduti: quello del Cardinale Vicario di Roma di accettare che il Tribunale di Appello del Vicariato dell’Urbe, di cui è il moderatore 89, sia tribunale di seconda istanza per il tribunale della prelatura, quello della Segnatura Apostolica di concedere l’approvazione, riservata alla Santa Sede, del tribunale di appello 90 e, infine, quelli del prelato di erigere il suo tribunale di prima istanza e di nominarvi i membri.
La natura dichiarativa della costituzione del tribunale da parte del prelato emerge dallo stesso decreto di erezione e dalla conferma da parte della Segnatura Apostolica del tribunale di appello, giacché è evidente che la Segnatura non poteva approvare un tribunale di seconda istanza senza che fosse a conoscenza della legittima volontà di erigere quello di prima istanza. Appare ugualmente ovvio che deve esserci omogeneità fra la natura del tribunale di prima istanza e quella del tribunale di appello: entrambi sono tribunali di circoscrizioni gerarchiche secolari, come, d’altra parte, lo sono tutte le giurisdizioni nei confronti del cui tribunale è dato appello al tribunale del Vicariato di Roma 91.
Si è voluto equiparare il tribunale della prelatura dell’Opus Dei a quello degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica clericali di diritto pontificio a motivo della giurisdizione internazionale del tribunale 92. Tale ragionamento non tiene conto del fatto che le prelature personali possono essere di ambito nazionale o internazionale, senza che il loro eventuale carattere internazionale giustifichi detta analogia, a scapito della natura della prelatura come circoscrizione di giurisdizione secolare. Tuttavia, è evidente che fra due strutture ecclesiali internazionali di natura personale non potranno non esserci parecchi elementi di analogia. Comunque, tali elementi analogici non consentono di negare le specificità delle prelature personali «ad peculiaria opera pastoralia perficienda» (decr. Presbyterorum ordinis, n. 10; can. 294) come enti appartenenti all’organizzazione gerarchica secolare della Chiesa, senza confonderle con gli istituti religiosi o con un loro sviluppo. Detta legittima analogia fra strutture personali secolari e “regolari”, senza confusione, è riscontrabile nella dottrina processualistica classica del codice pio-benedettino 93. Invece, suddetta forzata argomentazione non considera nemmeno che esistono altri tribunali secolari con competenza internazionale, come quello del testé menzionato ordinariato militare degli USA. D’altra parte, ogni tribunale diocesano ha una potenziale competenza internazionale giacché può avere giurisdizione su persone che abbiano il domicilio e il quasi-domicilio in altre nazioni: ad es., ogni attore che chiama in giudizio, presso il tribunale della parte convenuta, una persona che abita in un Paese diverso da quello della parte attrice è sottoposto ex lege alla competenza del tribunale di un’altra nazione, magari di un altro continente.
È stato anche detto che la citazione analogica fatta dalla Segnatura Apostolica del can. 1438, 2º (che stabilisce che i metropoliti devono determinare in modo stabile il loro tribunale di appello, con l’approvazione della Santa Sede, cioè della Segnatura Apostolica a norma dell’art. 124, 4º della cost. ap. Pastor bonus) non è utile per comprendere la natura dell’Opus Dei 94. Non si vede quale sia il motivo della difficoltà trovata, se non un qualche pregiudizio per riconoscere la natura di circoscrizione gerarchica secolare delle prelature personali. Senza tale preconcetto l’utilità e il significato dell’analogia appare evidente per riempire una lacuna di legge: «si certa de re desit expressum legis sive universalis sive particularis praescriptum aut consuetudo, causa, nisi sit poenalis, dirimenda est attentis legibus latis in similibus» (can. 19). Invero, il ragionamento della Segnatura e l’analogia affermata non sono irrilevanti per confermare ciò che un settore importante della dottrina afferma da tempo: che le lacune di legge sulle prelature personali debbano essere riempite con il ricorso all’analogia con le diocesi (cfr. cann. 368 e 381 § 2). La prelatura personale non è una diocesi (altrimenti non si tratterebbe di analogia bensì di mera inclusione in recto della prelatura fra le diocesi), ma non perciò perde la sua natura di circoscrizione gerarchica secolare 95. Al riguardo appaiono ugualmente significative la citazione del can. 1438, 2º da parte dell’art. 14 della SMC e le due note in calce (riportate dall’art. 40 § 1 della cost. ap. Ecclesia in Urbe) in cui sono richiamati i decreti della Segnatura Apostolica, formalmente identici, di approvazione del tribunale di appello dell’ordinariato militare italiano e della prelatura dell’Opus Dei, in applicazione del suddetto can. 1438, 2º e dell’art. 124, 4º della cost. ap. Pastor bonus. Dette norme sono applicabili, secondo la prassi della Segnatura, non soltanto alle arcidiocesi ma anche alle diocesi immediatamente soggette alla Santa Sede, agli ordinariati militari e, quindi, per semplice analogia, alle prelature personali.
Per quanto riguarda le cause di nullità del matrimonio, qualora il tribunale della prelatura dell’Opus Dei fosse competente, come è stato sostenuto 96, tale competenza, a rigore di norma, non concernerebbe soltanto quelle cause in cui entrambi i coniugi fossero fedeli della prelatura. Infatti, la giurisdizione del tribunale su uno solo dei coniugi (agli effetti della quale l’appartenenza all’Opus Dei sarebbe equiparata al domicilio presso una circoscrizione territoriale) metterebbe in atto – in modo analogico, differenziato e concorrente con i tribunali diocesani – i quattro titoli di competenza previsti dal can. 1673. Tuttavia, il diritto particolare non include direttamente la celebrazione del matrimonio fra la missione pastorale affidata dal Romano Pontefice alla prelatura dell’Opus Dei. Di fatto, le autorità della prelatura sostengono che sia seguita, in queste cause, la giurisdizione delle circoscrizioni territoriali (o anche personali, delle chiese rituali e particolari di tale natura o degli ordinariati militari, qualora il fedele della prelatura vi faccia parte) alle quali appartengono i fedeli dell’Opus Dei, senza che detta appartenenza venga a mancare per il fatto della loro incorporazione alla prelatura. Invero, il rispetto della giurisdizione dei propri vescovi diocesani, senza negare quella propria delle autorità della prelatura, è parte essenziale della prassi pastorale dell’Opus Dei 97 ed è tutelato dal diritto particolare della prelatura 98. Perciò, nei sei anni di vita del tribunale questi non ha deciso alcuna causa di nullità del matrimonio né ve n’è alcuna in corso.
Nelle cause penali il tribunale è competente sia nei confronti di fedeli della prelatura che di persone che non vi appartengano, ad es., per le fattispecie che abbiamo considerato nel § 5. Invece, nelle cause di beatificazione e di canonizzazione, la competenza istruttoria del tribunale, presso la sede del tribunale a Roma o presso la sede di uno dei vicari “nazionali” della prelatura 99, riguarda soltanto i fedeli dell’Opus Dei. Queste competenze del tribunale della prelatura, secondo i titoli previsti dalla legge, sono concorrenti con quelle dei tribunali delle chiese particolari. Viceversa, la competenza sarebbe esclusiva per le eventuali cause di nullità della sacra ordinazione di un sacerdote del presbiterio della prelatura, qualora il tribunale ricevesse la competenza in prima istanza da parte della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti (cfr. cann. 1708 e 1709 § 1; cost. ap. Pastor bonus, art. 68). È evidente che il Prelato è equiparato agli «Ordinari Diocesani» nell’applicazione delle recenti
regulae servandae sulle cause di nullità della sacra ordinazione in via amministrativa 100.
1 Cfr. cann. 135 §§ 1 e 3, 295, 296, 372 § 2; Giovanni Paolo II, cost. ap. Ut sit, 28 novembre 1982, nn. 3 e 4, in AAS, 75 (1983), pp. 423-425; Id., cost. ap. Spirituali militum curae, 21 aprile 1986, n. 14, in AAS, 78 (1986), pp. 481-486; Id., cost. ap. «Ecclesia in Urbe». Vicariatus Urbis nova ratione ordinatur, 1º gennaio 1998, art. 40 § 1, in AAS, 90 (1998), pp. 177-193; Id., gli statuti di tutti gli ordinariati militari (cfr. una raccolta significativa, fino al 1992, in E. Baura, Legislazione sugli Ordinariati castrensi, Milano, 1992) e quelli dell’unica prelatura personale finora esistente (Statuti della prelatura della Santa Croce e Opus Dei: Codex iuris particularis Operis Dei, promulgati dalla cost. ap. Ut sit, 28 novembre 1982, n. 2 – in seguito Codex iuris particularis Operis Dei -, ad es., in A. de Fuenmayor – V. Gómez-Iglesias – J.L. Illanes, L’itinerario giuridico dell’Opus Dei. Storia e difesa di un carisma, Milano, 1991, pp. 875-914), giacché detti statuti sono “legge pontificia”, essendo statuta ab Apostolica Sede condita (quando l’autore formale degli statuti è la Congregazione per i vescovi, essi indicano normalmente che la Congregazione agisce a norma del can. 30, cioè con potestà legislativa delegata dal Papa); Congregazione per i Vescovi, dich. Praelaturae personales, 23 agosto 1982, nn. 2, 3 e 7, in AAS, 75 (1983), pp. 464-468; Segnatura Apostolica, Decreto di approvazione del Tribunale di Appello presso il Vicariato di Roma come Tribunale di secondo grado del Tribunale della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, 15 gennaio 1996, in «Romana». Bollettino della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, 12 (1996), pp. 22-23; Decreto di costituzione del Tribunale della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, 24 gennaio 1996, in ibidem, pp. 26-27; Ordinariato Militare in Italia, Costituzione del tribunale ordinario diocesano di prima istanza, 7 ottobre 1988, in «Bonus miles Christi» (Rivista dell’Ordinariato Militare in Italia), 1988/5, p. 354.
2 Considerata la ristrettezza dello spazio a disposizione mi limiterò ad una succinta analisi soltanto degli ordinariati militari e delle prelature personali.
3 Cfr. M.A. Ortiz, Comentario al can. 1469, in A. Marzoa – J. Miras – R. Rodríguez-Ocaña (a cura di), Comentario exegético al Código de Derecho Canónico, Pamplona, 1996, vol. 4, pp. 999-1001.
4 Ho analizzato la storia della questione in occasione del dottorato di ricerca civile, ancora non pubblicato: La prórroga de la competencia y el fuero del actor en el proceso matrimonial canónico, Pamplona, 1989.
5 La breve monografia (appena trenta pagine) del futuro papa Pio XII sulla personalità e la territorialità nel diritto canonico comincia con la citazione di questi brani del Corpus Iuris Civilis e del Corpus Iuris Canonici (cfr. Eugenio Pacelli, La personnalité et la territorialité des lois particulièrement dans le droit canon. Étude historique-juridique, Rome, 1945). Lo studio era stato pubblicato in italiano nel 1912.
6 Cfr. Clem. 2.2.1, Quamvis, Clemente V. Per la versione critica del testo, cfr. Istituto per le scienze religiose (a cura di), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, ed. bilingue, Bologna, 1991, p. 364. «Non valet ergo processus licentia non petita. Additio: (…) licentia debet praecedere» (Glosse alle Decretali posteriori al «Liber extra», Liber Sextus Decretalium D. Bonifacii Papae VIII; Clementis Papae V Constitutiones; Extravagantes, tum viginti D. Ioannis Papae XXII, tum communes, cum glossis diversorum. Omnia nunc demum integritati suae restituta, et ad exemplar Romanum diligenter recognita, Clem. 2.2.1, Quamvis, col. 96, Glossa ‘Y’, § Ante omnia, Lugduni, 1624). Cfr. Johannes Teutonicus, Apparatus glossarum in Compilationem tertiam, III 2.3.2, t. 1, ed. K. Pennington, in Monumenta Iuris Canonici. Series A: Corpus Glossatorum, vol. 3, Città del Vaticano, 1981, p. 184.
7 Henricus de Segusio, Cardinalis Hostiensis, Summa, Liber 2, De foro competenti, § 1, Lugduni, 1537, ristampa Aalen, 1962, fol. 74r.
8 Guillelmus Durantis, Speculator, «Speculum iudiciale». Illustratum et repurgatum a Giovanni Andrea et Baldo degli Ubaldi, Lib. 2, Part. 1, De competentis iudicis aditione, § 2, n. 1, Basileae, 1574, 2 vol., ristampa Aalen, 1975, p. 399.
9 Baldo degli Ubaldi, Baldus Perusinus, In Decretalium volumen commentaria, X 1.29.40, P. et G., n. 12, Venetiis, 1595, ristampa Torino, 1971, fol. 118vo.
10 N. Rodríguez Fermosini, De iudiciis et foro competenti, 2.20.1, nn. 30 e 38, Lugduni, 1657, p. 805. Fermosini morì nel 1669, quando era vescovo di Astorga in Spagna (cfr. A. van Hove, Prolegomena, in Commentarium lovaniense in Codicem Iuris Canonici, vol. 1, t. 1, ed. 2, Mechliniae – Romae, 1945, p. 541; J.F. von Schulte, Die Geschichte der Quellen und Literatur des canonischen Rechts von Gratian bis auf die Gegenwart, Stuttgart, 1877, ristampa Graz, 1956, vol. 3/1, p. 757).
11 M. Lega, Praelectiones in textum iuris canonici. De iudiciis ecclesiasticis, lib. 1, vol. 1, ed. 2, Romae, 1905, p. 346.
12 R.P. I. Noval O.P.P, Consultor, Votum, Codex Iuris Canonici, Liber quintus. De iudiciis. Pars I. De iudiciis in genere. Tit. I-XIX, can. 4 § 2, Romae, Typis Vaticanis, 1907, in J. Llobell – E. De León – J. Navarrete, Il libro «de processibus» nella codificazione del 1917. Studi e documenti, vol. 1, Cenni storici sulla codificazione. «De iudiciis in genere», il processo contenzioso ordinario e sommario, il processo di nullità del matrimonio, Milano, 1999, p. 379. «Competentia ratione “iuris controversi”, quoad Tribunalia communia ordinaria, determinatur indirecte mediante territorio, ut, nimirum, comprehendat res in eo sitas, contractus ibi celebratos, delicta ibidem perpetrata et reos habentes in eodem domicilium vel quasi domicilium» (Noval 1907, cit., can. 19 § 2, in ibidem, p. 382).
13 Consulta del 10 gennaio 1908, in ibidem, p. 1083.
14 Cfr. J. Miras, Tradición canónica y novedad legislativa en el concepto de prelatura, in Ius Canonicum, 39 (1999), p. 584.
15 Cfr. Pio XII, cost. ap. «Omnium Ecclesiarum» di erezione della «Mission de France» in prelatura nullius di Pontigny, 15 agosto 1954, in AAS, 46 (1954), pp. 567-574.
16 Cfr., per tutti, J. Martínez-Torrón, La configuración jurídica de las prelaturas personales en el Concilio Vaticano II, Pamplona, 1986; A. Viana, Territorialidad y personalidad en la organización eclesiástica. El caso de los ordinariatos militares, Pamplona, 1992, pp. 65-92, e la bibliografia da loro citata.
17 Cfr., ad es., oltre il citato studio di Pacelli, W. Onclin, De territoriali vel personali legis indole: historia doctrinae et disciplina Codicis iuris canonici, Gemblaci, 1938.
18 Monarchia, pars 2, 5.1, in Dante Alighieri, Opere minori, a cura di P.V. Mengaldo e B. Nardi, vol. 3/1, Milano – Napoli, 1996, p. 386.
19 Cfr. J. Hervada, Significado actual del principio de la territorialidad, in Fidelium iura, 2 (1992), p. 224.
20 Cfr. ibidem, p. 230.
21 Per quanto riguarda la missione dei presbiteri, cfr. LG 28.
22 Cfr. decr. Christus Dominus, nn. 22-24.
23 Cfr., ad es., decr. Christus Dominus, n. 18.
24 CIC, Praefatio, in AAS, 75 (1983), pars II, p. XI.
25 Cfr. Sinodo dei vescovi 1967, Principia quae Codicis Iuris Canonici recognitionem dirigant, 7 ottobre 1967, in Communicationes, 1 (1969), pp. 77-85.
26 CIC, Praefatio, cit., p. XXII. Cfr. J.I. Arrieta, Le circoscrizioni personali, in Fidelium iura, 4 (1994), pp. 207-243; Id., Diritto dell’organizzazione ecclesiastica, Milano, 1997, pp. 358-366.
27 Cfr., per tutti, J. Martínez-Torrón, La configuración jurídica de las prelaturas, cit., pp. 318-323; A. Viana, Territorialidad y personalidad, cit., pp. 97-111. Lo studio di Martínez-Torrón è anteriore alla particolareggiata documentazione pubblicata in Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi (PCITL), Acta et documenta PCCICR. Congregatio Plenaria diebus 20-29 octobris 1981 habita, Typis Polyglottis Vaticanis, 1991, pp. 376-392 e 399-417.
28 Cfr. Relatio complectens synthesim animadversionum ab Em.mis atque Exc.mis Patribus Commissionis ad Novissimum Schema Codicis Iuris Canonici exhibitarum, cum responsionibus a Secretaria et Consultoribus datis, ad can. 339 § 2, n. 6, Typis Polyglottis Vaticanis, 1981, p. 101; PCITL, Congregatio Plenaria diebus 20-29 octobris 1981 habita, cit., pp. 376-392 e 399-417, in particolare, sulle prelature castrensi, pp. 412-414.
29 Oltre a questa equiparazione espressa ve ne sono altre implicite, conseguenza del rispetto della natura delle cose. Ad es., a proposito del can. 295 è stato detto: «In altre parole è singolare dover rilevare che da un lato il codice colloca la disciplina delle Prelature personali al di fuori della parte seconda del libro secondo, rubricata De Ecclesiae constitutione hierarchica e relativa alla disciplina dell’autorità nella Chiesa; dall’altro lato tuttavia conferisce al Prelato poteri che sono da ricondurre – e che il codice stesso riconduce – nell’ambito della costituzione gerarchica della Chiesa» (G. Dalla Torre, Le strutture personali e le finalità pastorali, in J. Canosa (a cura di), I principi per la revisione del Codice di Diritto Canonico. La ricezione giuridica del Concilio Vaticano II, Milano, 2000, p. 571).
30 Cfr. il nostro Il sistema giudiziario canonico di tutela dei diritti. Riflessioni sull’attuazione dei princìpi 6º e 7º approvati dal Sinodo del 1967, in J. Canosa (a cura di), I Principi per la revisione del Codice di Diritto Canonico, cit., pp. 504-515. In ambito civilistico, cfr. lo studio del direttore del Max-Planck-Institut: A. Eser, Il «giudice naturale» e la sua individuazione per il caso concreto. Osservazioni comparatistiche e riflessioni di politica del diritto sulla ripartizione delle cause all’interno degli organi giudiziari, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 39 (1996) pp. 385-411.
31 Cfr. C.J. Errázuriz M., Circa l’equiparazione quale uso dell’analogia in diritto canonico, in Ius Ecclesiae, 4 (1992), pp. 215-224.
32 Cfr. M. Delgado Galindo, El domicilio canónico, (Pontificia Università della Santa Croce, Thesis ad Doctoratum in Iure Canonico totaliter edita), Romae, 1996, pp. 197-232.
33 Cfr. Z.M. Bieg, Struttura e competenza dei tribunali territoriali e personali della Chiesa, in Excerpta ex dissertatione ad Lauream in Utroque Jure in Pontificia Universitate Lateranensi, Roma, 1989, pp. 71-94; P. Moneta, Territorialità e personalità nel vigente sistema di tutela dei diritti dei fedeli, passim, in particolare § 7, relazione al Congresso di Budapest (settembre 2001) della Consociatio Internationalis Studio Iuris Canonici Promovendo; M.A. Ortiz, La competenza dei tribunali periferici secondo il grado di giudizio, in Ius Ecclesiae, 9 (1997), pp. 458-460.
34 Cfr. Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici recognoscendo, Schema canonum libri II «De populo Dei», Typis Polyglottis Vaticanis, 1977, can. 219 § 2; Id., Schema Codicis Iuris Canonici iuxta animadversiones S.R.E. Cardinalium, Episcoporum Conferentiarum, Dicasteriorum Curiae Romanae, Universitatum Facultatumque ecclesiasticarum necnon Superiorum Institutorum vitae consecratae recognitum, can. 337 § 2, Libreria Editrice Vaticana, 29 giugno 1980.
35 Cfr. Congregazione per i Vescovi, progetto di cost. ap. De Praelaturis militaribus, 8 febbraio 1985 (cfr. A. Viana, Territorialidad y personalidad, cit., p. 113).
36 Cfr. E. Baura, Gli ordinariati militari dalla prospettiva della «communio ecclesiarum», in Fidelium iura, 6 (1996), pp. 337-365; T. Olsen, Die Natur des Militärordinariats. Eine geschichtlich-juridische Untersuchung mit Blick auf die Apostolische Konstitution «Spirituali Militum Curae», Berlin, 1998; A. Viana, Los Ordinariatos militares en el contexto del Decreto «Presbyterorum Ordinis» n. 10, in Ius Canonicum, 28 (1988), pp. 721-749; Id., Territorialidad y personalidad, cit., pp. 278-289.
37 Cost. ap. Spirituali militum curae, cit., art. 14. Cfr. E. Baura, L’ufficio di Ordinario militare. Profili giuridici, in Ius Ecclesiae, 4 (1992), pp. 408-411; A. Viana, Territorialidad y personalidad, cit., pp. 224-230, e la bibliografia da loro citata.
38 Cfr. cann. 1420 § 4, 1421 § 3 e 1435.
39 A proposito della normativa universale precedente la SMC (S. Congregazione Concistoriale, istr. Solemne semper, 23 aprile 1951, n. 3 § 2, in AAS, 43 (1951), pp. 562-565: «Pro causis vero subditorum Vicariatus Castrensis sive contentiosis inter ipsos sive criminalibus Vicarius Castrensis tribunal aliquod dioecesanum vel metropolitanum semel pro semper, ab Apostolica Sede adprobandum, designat») la dottrina discuteva se il vicario castrense avesse vera potestà giudiziaria, che delegava in favore del tribunale che obbligatoriamente doveva designare, o se soltanto avesse la facoltà di designare il tribunale, il quale riceveva dalla Santa Sede la potestà giudiziaria sul vicariato militare (cfr. A. Viana, Territorialidad y personalidad, cit., p. 225). Sembrerebbe che il vicario castrense, essendo titolare della potestà ordinaria propria, avesse potestà giudiziaria e che la norma rispecchiasse soltanto una prudente politica giudiziaria di economia di mezzi. Infatti, la denominazione “vicario castrense”, come pure quella di “vicario apostolico”, manifestava che la potestà ordinaria propria di entrambi gli uffici proveniva dal Pontefice.
40 Cfr. Estatuto del Obispado Castrense de Chile, art. 10, in E. Baura, Legislazione sugli Ordinariati, cit., p. 162; Estatuto del Ordinariato Militar de Venezuela, 7 novembre 1997, art. 11, in Boletín del Ordinariato Militar de Venezuela, vol. 2, enero-febrero 1998, p. 11.
41 Ad es., Barcelona (Spagna), Canberra (Australia), Lucca (Italia), Principato di Monaco, Tanger (Marocco), ecc. (cfr. Annuario Pontificio del 2001, pp. 71, 121, 348, 392, 601).
42 Congregazione per i Vescovi, progetto di cost. ap. De Praelaturis militaribus, 8 febbraio 1985, cit., art. 14.
43 Cfr. J.B. Beyer, Les tribunaux de l’Ordinariat militaire, in Militum cura pastoralis, 3 (1989), p. 56.
44 Cfr. P. Olmos, Los tribunales eclesiásticos de Roma, in Anuario Argentino de Derecho Canónico, 7 (2000), pp. 138-142; M.A. Ortiz, La competenza dei tribunali periferici, cit., pp. 460-476.
45 Cfr. il nostro Il tribunale di appello del Vicariato di Roma, in Ius Ecclesiae, 1 (1989), pp. 257-277.
46 Cfr. Giovanni Paolo II, Normas orgánicas y procesales del Tribunal de la Rota de la Nunciatura Apostólica en España, artt. 23 e 40, promulgate con il m.p. Nuntiaturae Apostolicae in Hispania, 2 ottobre 1999, in AAS, 92 (2000), pp. 5-17.
47 Cfr. E. Baura, Legislazione sugli Ordinariati, cit., p. 35, nota 110.
48 Cfr. A. Viana, Territorialidad y personalidad, cit., p. 225.
49 Cfr. can. 1517. Conclusa l’istanza senza sentenza definitiva, per introdurre nuovamente la causa è necessario che il tribunale sia competente al momento della presentazione del secondo libello di domanda, in quanto la competenza esistente al momento della presentazione del primo libello può essere venuta meno: «D.- Utrum finita instantia per peremptionem vel per renuntiationem, si quis velit causam denuo introducere vel prosequi, ea resumi debeat apud forum quo primum pertractata est, an introduci possit apud aliud tribunal iure competens tempore resumptionis. R.- “Negative ad primam partem; affirmative ad alteram”» (PCCIC, Risposta, 29 aprile 1986, in AAS, 78 (1986), p. 1324).
50 Cfr. E. Baura, Legislazione sugli Ordinariati, cit., pp. 34-36 e i singoli statuti.
51 Cfr. E. Baura, Legislazione sugli Ordinariati, cit., p. 34; A. Viana, Territorialidad y personalidad, cit., p. 225.
52 E. Baura, Legislazione sugli Ordinariati, cit., pp. 273 e 275.
53 Cfr. Annuario Pontificio del 2001, p. 887.
54 In ambito processuale questa denominazione appare più corretta piuttosto che quella di “cumulativa” perché la potestà cumulativa implica la possibilità dell’esercizio simultaneo di due o più giurisdizioni, mentre quella “concorrente” afferma la competenza di vari tribunali che, tuttavia, non può essere esercitata simultaneamente a causa dell’istituto della prevenzione. Sulla natura concorrente della potestà giudiziaria dei tribunali degli ordinariati militari, cfr. E. Baura, Legislazione sugli Ordinariati, cit., p. 35. Comunque, questo autore, in particolare, la chiama “cumulativa”. Invece, Arrieta sembra impostare la competenza del tribunale dell’ordinariato militare come se questa fosse “esclusiva” e non “concorrente” riguardo a quella del tribunale diocesano territoriale, laddove segnala che il tribunale dell’ordinariato militare «toglie la giurisdizione al vescovo diocesano» (J.I. Arrieta, El Ordinariato castrense. Notas en torno a la Const. Apost. «Spirituali militum curae», in Ius Canonicum, 26 (1986), p. 747). A mio parere, invece, detta competenza è concorrente.
55 Cfr. Estatuto del Obispado Castrense de Chile, cit., art. 10; Estatuto del Ordinariato Militar de Venezuela, cit., art. 11.
56 Cfr. Estatutos del Ordinariato Militar o Arzobispado Castrense de España, art. 11, in E. Baura, Legislazione sugli Ordinariati castrensi, cit., p. 350.
57 Cfr. Giovanni Paolo II, m.p. Nuntiaturae Apostolicae in Hispania e le Normas orgánicas, 2 ottobre 1999, cit.
58 Cfr. Pio XII, m.p. Apostolico Hispaniarum Nuntio e Normae a Rota Nuntiaturae Apostolicae in Hispania servandae, 7 aprile 1947, artt. 28, 29, 34, 39 e 41, in AAS, 39 (1947), pp. 155-163.
59 Cfr. il nostro Le norme del 1999 della Rota della Nunziatura Apostolica in Spagna, in Il Diritto Ecclesiastico, 111-1 (2000), pp. 779-808.
60 Cfr. Annuario Pontificio del 2001, pp. 883-890.
61 Cfr. Military Ordinariate USA, Statues of the Archdiocese for the Military Services USA, 18 agosto 1987, artt. 9 e 15, in E. Baura, Legislazione sugli Ordinariati castrensi, cit., pp. 373-375.
62 Cfr. Statuti dell’Ordinariato Militare in Italia, 6 agosto 1987, in E. Baura, Legislazione sugli Ordinariati, cit., p. 266.
63 «Visto gli Statuti dell’Ordinariato Militare in Italia… [cfr. art. 44]; atteso che l’Ordinariato Militare in Italia è una circoscrizione ecclesiale assimilata giuridicamente alle diocesi (Spirituali militum curae, titolo I, par. 1); presso atto che l’Ordinario Militare gode dei diritti ed è tenuto agli obblighi propri dei Vescovi diocesani (Id, titolo I, par. 2) decreta che a norma del canone 1419 del C.J.C., presso la Curia dell’Ordinariato Militare in Italia, si costituisca il Tribunale ordinario diocesano di prima istanza…» (Ordinariato Militare in Italia, Costituzione del tribunale ordinario diocesano di prima istanza, 7 ottobre 1988, cit., p. 354). E di seguito nominava i membri del tribunale (cfr. ibidem). Per un’ulteriore nomina di membri del tribunale, cfr. Ordinario Militare per l’Italia, Decreto di nomina dei membri del Tribunale Diocesano, 2 febbraio 1995, in «Bonus Miles Christi» (Rivista dell’Ordinariato Militare in Italia), 1995/2, p. 105.
64 Cfr. Pio XI, m.p. Qua cura, 8 dicembre 1938, in AAS, 30 (1938), pp. 410-413.
65 Cfr. il nostro «Quaestiones disputatae» sulla scelta della procedura giudiziaria nelle cause di nullità del matrimonio, sui titoli di competenza, sul libello introduttorio e sulla contestazione della lite, in Apollinaris, 70 (1997), pp. 591-594.
66 Cost. ap. Ecclesia in Urbe, cit., art. 39 § 1.
67 Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Norme circa il regime amministrativo dei Tribunali ecclesiastici regionali italiani e l’attività di patrocinio svolta presso gli stessi (nuova versione), 19 ottobre 1998, art. 1 § 1, in Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana, 9/1998, pp. 303-312.
68 Segnatura Apostolica, decr. Quoad causas matrimoniales Tribunal Ordinariatus militaris in Italia est in primo iurisdictionis gradu Tribunal Regionale Latii, 13 marzo 1997, Prot. N. 4420/97 SAT.
69 Invece, una sentenza interlocutoria del Tribunale di Prima Istanza del Vicariato (Romana, coram Gefaell, 14 maggio 1999) – in una causa in cui la parte attrice (fedele dell’ordinariato militare italiano) invocava il foro dell’attore – respinse l’eccezione di incompetenza presentata dalla parte convenuta non considerando necessario il consenso del vicario giudiziale di questa, la quale non aveva il domicilio né il quasi-domicilio presso l’ordinariato e nemmeno presso il territorio sul quale è competente il tribunale di prima istanza del Vicariato.
70 Cfr. Paolo VI, cost. ap. Vicariae Potestatis, 8 gennaio 1977, artt. 20 e 23, in AAS, 69 (1977), pp. 5-18.
71 Giovanni Paolo II, m.p. «Sollicita cura», quo Tribunal appellationis apud Vicariatum Urbis constituitur, 26 dicembre 1987, pars motiva, in AAS, 80 (1988), pp. 121-124. Cfr. il nostro Il tribunale di appello del Vicariato di Roma, cit.
72 Ordinariato Militare in Italia, Costituzione del tribunale ordinario diocesano di prima istanza, 7 ottobre 1988, cit.
73 Cfr. Segnatura Apostolica, Decr. prot. 442088 SAT., 22 settembre 1988, citato dalla cost. ap. Ecclesia in Urbe, art. 40 § 1, in nota.
74 Congregazione per i Vescovi, Modifica dell’art. 45 degli Statuti dell’Ordinariato Militare in Italia, Prot. 549/87, 18 ottobre 1988, in «Bonus Miles Christi» (Rivista dell’Ordinariato Militare in Italia), 1988/5, p. 359.
75 Cfr. P. Olmos, Los tribunales eclesiásticos de Roma, cit., pp. 127-142.
76 Cfr. Annuario Pontificio del 2001, pp. 21*, 883-891, 984, 2065.
77 Cfr., recentemente, E. Baura, Le attuali riflessioni della canonistica sulle prelature personali: suggerimenti per un approfondimento realistico, in S. Gherro (a cura di), Le prelature personali nell’ora presente, Padova, 2002, pp. 15-53; V. Gómez-Iglesias – A. Viana – J. Miras, El Opus Dei, prelatura personal: la constitución apostólica «Ut sit», Pamplona, 2000; G. Lo Castro, Le prelature personali nell’esperienza giuridica e nel dibattito dottrinale dell’ultimo decennio, in Il Diritto Ecclesiastico, 110-1 (1999), pp. 111-148. Per l’impostazione diversa, cfr., ad es., W. Aymans – K. Mörsdorf, Kanonisches Recht. Lehrbuch aufgrund des Codex Iuris Canonici, vol. 2, Paderborn – München – Wien – Zürich, 1997, § 106, pp. 736-755; e, a proposito dei tribunali, C.I. Heredia, El Opus Dei y sus tribunales, in Anuario Argentino de Derecho Canónico, 5 (1998), pp. 81-134. Per un tentativo precedente di analisi esauriente delle diverse posizioni, cfr. R. Klein, Die Personalprälatur im Verfassungsgefüge der Kirche, Würzburg, 1995, pp. 330-515, e i rilievi critici fatti allo studio di Klein da A. Viana, La prelatura personal en la estructura constitucional de la Iglesia. Observaciones sobre un libro reciente, in Ius Canonicum, 37 (1997), pp. 749-763.
78 Cfr. E. Baura, Le attuali riflessioni della canonistica, cit.; V. Gómez-Iglesias, L’ordinazione episcopale del Prelato dell’Opus Dei, in Ius Ecclesiae, 3 (1991), pp. 251-265; Id., Circa l’elevazione all’Episcopato del secondo Prelato dell’Opus Dei, in Ius Ecclesiae, 7 (1995), pp. 800-810.
79 «… componenti in cui la Prelatura è organicamente strutturata, cioè dei sacerdoti e dei fedeli laici, uomini e donne, con a capo il proprio Prelato. Questa natura gerarchica dell’Opus Dei, stabilita nella Costituzione Apostolica con la quale ho eretto la Prelatura (cfr Cost. ap. Ut sit, 28-XI-82)…» (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti all’incontro sulla «Novo millennio ineunte» promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei, 17 marzo 2001, in L’Osservatore Romano, 18 marzo 2001, n. 1, p. 6). Cfr. G. Lo Castro, Le prelature personali. Profili giuridici, ed. 2, Milano, 1999.
80 Giovanni Paolo II, cost. ap. Divinus perfectionis magister, 25 gennaio 1983, in AAS, 75 (1983), pp. 349-355; C.J. Errázuriz M., Ancora sull’equiparazione in diritto canonico: il caso delle prelature personali, in Ius Ecclesiae, 5 (1993), pp. 633-642. Di conseguenza, laddove le norme parlino soltanto di “diocesi”, bisogna includere anche, ad es., gli ordinariati militari e le prelature personali: «§ 1. (…) tre fasi attraverso le quali vengono accertate le condizioni richieste per la beatificazione o canonizzazione: a) inchiesta diocesana (raccolta delle prove); (…)» (Sacra Congregazione per le cause dei santi, Regolamento della Sacra Congregazione per le cause dei santi, 21 marzo 1983, art. 11, in Enchiridion Vaticanum, S1, nn. 834-872, pp. 783-795). La Segreteria di Stato ha approvato (15 febbraio 2001) un nuovo Regolamento della Congregazione delle cause dei santi (Città del Vaticano, dicembre 2000), il cui art. 52 continua a prevedere l’«istruttoria diocesana». Il tribunale diocesano di Roma aveva esplicitamente questa competenza istruttoria (cfr. Paolo VI, cost. ap. Vicariae Potestatis, 8 gennaio 1977, cit., art. 19 § 3); invece, la vigente cost. ap Ecclesia in Urbe (cit.) non è univoca al riguardo, quantunque, a proposito del tribunale diocesano, richiami in nota la cost. ap. Vicariae Potestatis (cfr. art. 31). L’ordinariato militare italiano ha istruito una causa di beatificazione (di Salvo D’Acquisto) che ha presentato alla Congregazione delle cause dei santi (cfr. Congregatio de causis sanctorum, Index ac status causarum, Città del Vaticano, 1999, p. 364).
81 Sacra Congregazione per le cause dei santi, Normae servandae in inquisitionibus ab episcopis faciendis «Cum in Constitutione Apostolica», 7 febbraio 1983, in AAS, 75 (1983), pp. 396-403: «Causam canonizationis actor promovet» (n. 1, a). «a) In causis canonizationis instruendis episcopus competens ille est in cuius territorio servus Dei supremum diem obiit, nisi peculiaria adiuncta, a Sacra Congregatione probata, aliud suadeat. b) Si de asserto miraculo agitur, competens est episcopus in cuius territorio factum evenit» (n. 5). «a) Episcopus causam instruere valet sive per se sive per suum delegatum, qui sit sacerdos… b) Iisdem qualitatibus pollere debet sacerdos qui in promotorem iustitiae eligitur» (n. 6).
82 «Accepto libello, episcopus coetum episcoporum saltem regionis de opportunitate causae inchoandae consulat» (Normae «Cum in Constitutione Apostolica», 7 febbraio 1983, cit., n. 11, a).
83 Cfr. P. Moneta, Territorialità e personalità nel vigente sistema di tutela dei diritti, cit., § 6. Comunque, come ulteriore esempio di manifestazione delle anzidette difficoltà di comprensione, è stata anche negata la potestà giudiziaria del prelato (cfr. J. García Martín, El ordinario propio de la prelatura personal, in Commentarium pro religiosis, 77 (1996), p. 386).
84 Cfr. Decreto di costituzione del Tribunale della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, 24 gennaio 1996, cit.
85 Cfr. cost. ap. Ut sit, 28 novembre 1982, cit.; Codex iuris particularis Operis Dei, cit.
86 Cfr. C.I. Heredia, El Opus Dei y sus tribunales, cit., p. 120.
87 Citato da: Segnatura Apostolica, Decreto di approvazione del Tribunale di Appello, 15 gennaio 1996, cit.; Decreto di costituzione del Tribunale, 24 gennaio 1996, cit., nn. 4 e 9, note 3 e 5.
88 Cfr. «Romana». Bollettino della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, 12 (1996), pp. 27-28.
89 Cfr. Paolo VI, cost. ap. Vicariae Potestatis, cit., 8 gennaio 1977, art. 12 § 2; Giovanni Paolo II, m.p. Sollicita cura, 26 dicembre 1987, cit., norma b); Id., cost. ap. Ecclesia in Urbe, 1º gennaio 1998, cit., art. 32 § 1; Regolamento interno del Tribunale di Appello di seconda istanza del Vicariato di Roma, art. 2, in Associazione Canonistica Italiana (a cura di), I Tribunali Ecclesiastici Regionali Italiani. Regolamenti ed Organici. Annuario 2000, Roma, 2000, p. 151.
90 Cfr. can. 1438, 2º; cost. ap. Pastor bonus, art. 124, 4º.
91 Cfr. il citato art. 40 § 1 della cost. ap. Ecclesia in Urbe. Diversa è la situazione dell’appello presso i quattro tribunali apostolici (Congregazione per la dottrina della fede, Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, Segnatura Apostolica e Rota Romana). Questi tribunali, essendo “apostolici”, sono competenti, ognuno secondo l’ambito materiale e le norme proprie, per tutti i tribunali della Chiesa: sia per quelli secolari sia per quelli degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica clericali di diritto pontificio.
92 Cfr. C.I. Heredia, El Opus Dei y sus tribunales, cit., p. 122.
93 «Qui Ordinarii castrensis subditi sunt nempe milites, sortiuntur forum non directe ratione territorii sed directe ratione subiectionis ipsi Ordinario aliisque veluti parochis et cappellanis, nomine ipsius Ordinarii castrensis iurisdictionem administrantibus directe in personas. Non secus ac Regulares, qui non subsunt suis praelatis ratione territorii, sed immediate ratione subiectionis personalis» (M. Lega – V. Bartoccetti, Commentarius in iudicia ecclesiastica, tit. 1, art. 13, § 13, vol. 1, Romae, 1938, p. 58).
94 Cfr. C.I. Heredia, El Opus Dei y sus tribunales, cit., p. 122, nota 137.
95 Cfr. C.J. Errázuriz M., Circa l’equiparazione quale uso dell’analogia, cit.; Id., Ancora sull’equiparazione, cit.
96 Cfr. C.I. Heredia, El Opus Dei y sus tribunales, cit., pp. 120-123.
97 Cfr. A. de Fuenmayor – V. Gómez-Iglesias – J.L. Illanes, L’itinerario giuridico dell’Opus Dei, cit., pp. 578-583, 711-720.
98 Cfr. cost. ap. Ut sit, cit., nn. 1, 3; Codex iuris particularis Operis Dei, cit., nn. 1, 2 § 1, 11, 125, 171-180; dich. Praelaturae personales, cit., nn. 2, b), 3, a), 4, a) e c); Decreto di costituzione del Tribunale, cit., n. 1.
99 Cfr. Decreto di costituzione del Tribunale, 24 gennaio 1996, cit., n. 8. La delega della potestà giudiziaria istruttoria è prevista dal diritto universale unitamente alla potestà vicaria istruttoria (cfr. cann. 135 § 3, 1428 § 1, 1469 § 2, 1561; il nostro La delega della potestà giudiziaria nell’ordinamento canonico, in Escritos en honor de Javier Hervada, Pamplona, 1999, pp. 459-472).
100 Cfr. Congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti, De regulis servandis ad nullitatem ordinationis declarandam. Regulae servandae ad proceduram administrativam nullitatis ordinationis inchoandam et celebrandam noviter confectae, 16 ottobre 2001, in AAS, 94 (2002), pp. 292-300, in particolare il paragafo finale De regulis servandis ad nullitatem ordinationis declarandam, p. 293. Il fascicolo degli Acta Apostolicae Sedis è quello del 5 aprile 2002.