La legge propria della «Mission de France»

Javier Canosa

1. Introduzione

Il 18 giugno 1988 il Card. Decourtray1 promulgò la Loi propre de la Mission de France2; da allora, il Romano Pontefice ha emanato un’Enciclica incentrata proprio sulla permanente validità del mandato missionario della Chiesa3; inoltre è stata celebrata nell’ottobre del 1990 l’VIII Assemblea Generale del Sinodo su un altro tema (la formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali) strettamente legato alla figura istituzionale della Mission de France e sono apparsi alcuni commenti della dottrina canonica a questa nuova legge4.

La nuova Loi propre de la Mission de France abrogò la normativa precedente che regolava tale ente istituzionale. La legge precedente era stata approvata in modo specifico da Pio XII con decreto concistoriale il 19 novembre 1955 e promulgata dal Card. Liènart5.

2. Situazione precedente

L’itinerario storico e giuridico della Mission de France cominciò nel 1941, quando l’Assemblea dei vescovi francesi, per porre rimedio allo stato di scristianizzazione di alcune regioni del Paese, istituì a Lisieux un seminario nazionale che si chiamò Mission de France, i cui alunni avrebbero ricevuto una speciale formazione missionaria e, una volta ordinati, avrebbero dovuto svolgere la propria attività in una diocesi francese6 al servizio del vescovo come sacerdoti diocesani, anche se avrebbero continuato a dipendere sempre da un’autorità centrale per quanto riguarda la formazione spirituale e dottrinale oltre che per la specifica abilitazione all’azione apostolica, cioè, ai concreti incarichi pastorali.

Nel Diritto allora vigente, era difficile trovare una risposta giuridicamente adeguata alle nuove circostanze che si presentavano in rapporto alle funzioni che l’Istituzione doveva esercitare: dall’incardinazione dei sacerdoti (che per il Codice Pio-Benedettino poteva avvenire solo in una diocesi o in un istituto religioso, mentre la Mission de France non era né l’una né l’altro, ma una Consociatio cleri saecularis) alla formazione specifica; dall’unità di regime e di governo necessaria per raggiungere i fini propri, alla mobilità dei suoi membri.

La risposta a questi problemi fu trovata, all’interno della normativa del Codice allora vigente, quando la Mission de France fu eretta in praelatura nullius con territorio e prelato ordinario propri, mediante la Costituzione Apostolica Omnium ecclesiarum7. Siccome il territorio corrispondeva unicamente alla parrocchia di Pontigny, in conformità con il canone 319 § 2 del Codice del 1917 la prelatura aveva leggi proprie, di modo che, essendo una prelatura nullius territoriale – e pertanto inserita nel Diritto comune – conservava contemporaneamente le sue caratteristiche proprie, previste dallo stesso canone 319, che espressamente si riferiva allo ius singulare attraverso il quale si erigono tali enti; inoltre, in questo caso, il numero 2 della Costituzione Apostolica Omnium Ecclesiarum stabiliva che la prelatura si sarebbe dovuta reggere per il Diritto comune, “salvis propriae legis statutis”.

La Loi propre de la Mission de France fu approvata, come si è già detto, per un periodo di tre anni ad experimentum e fu prorogata ancora per cinque anni da Giovanni XXIII.

3. Normativa attuale

E’ di particolare interesse analizzare i mutamenti avvenuti che distinguono la legge precedente da quella attuale. Questi cambiamenti, sebbene non abbiano modificato sostanzialmente8 la precedente situazione della Mission de France, hanno però modificato il suo profilo giuridico in accordo con i cambiamenti necessari, tanto dal punto di vista dell’approfondimento teologico-canonico dovuto al Concilio Vaticano II – in molti casi riportato nel Codice di Diritto Canonico del 1983 -, quanto per l’esperienza dei 33 anni di vigore della precedente legge propria del 1955.

La sostituzione della Loi propre pertanto, non poteva limitarsi al mero rivedere i rinvii che la legge faceva al Codice precedente, adeguandoli al Codice vigente9, ma, soprattutto, doveva comprendere e assumere i nuovi concetti e le nuove categorie così come vengono trattate nel Codice, con il loro contenuto dottrinale rinnovato. In questo senso si comprende, per esempio, il riferimento al canone 370 che viene fatto nell’art. 7 della nuova Loi propre de la Mission de France, che, spiegando qual è il territorio proprio della Mission de France, caratterizza la prelatura come territoriale (non è più prelatura nullius, figura che ha cessato di esistere).

Sul piano delle intuizioni più profonde del Concilio Vaticano II, non passa inosservata l’influenza del principio di collegialità e della partecipazione del presbiterio10 nella Loi propre de la Mission de France. Ciò, che ha un primo riflesso organico nel Comitato episcopale o Collegio di Consultori sui generis contemplato nella nuova normativa11, ha altre ripercussioni sia ad extra che ad intra della Mission de France, cioè, sia riguardo alle decisioni in rapporto con altri vescovi di Francia, sia nel governo interno della Mission de France e, in questo caso, con i diversi organi – oltre al Collegio dei Consultori – che cooperano con il prelato nel governo interno12.

E non potevano non riflettersi nella Loi propre de la Mission de France anche i cambiamenti introdotti dal Motu proprio Ministeria quaedam13 che interessano la nozione di chierico: nella precedente legge propria si diceva che i candidati al sacerdozio potevano diventare membri a partire dalla tonsura14, mentre l’attuale Loi propre restringe l’appartenenza all’istituzione, dichiarando nell’art. 18 che “Seuls les ministres ordonnés sont membres de la Mission de France”.

Altri cambiamenti, come – per esempio – quelli che implicano l’apparizione di un nuovo titolo nella legge riguardante i rapporti con le diocesi15, o l’ampliamento nelle scadenze per l’incardinazione di sacerdoti che provengono da altre diocesi16, appaiono il frutto delle esperienze dei trentatrè anni trascorsi tra la promulgazione dell’una e dell’altra legge.

Si avvertono anche delle variazioni per quanto riguarda la denominazione di alcune figure17.

Comunque, nonostante queste e altre differenze, la Mission de France rimane essenzialmente come era: il fatto stesso di essere regolata da una legge propria (in lingua francese nell’originale, come la precedente) serve già come dato eloquente della peculiarità che caratterizza la Mission de France all’interno del Diritto comune. In effetti, se nella legislazione universale precedente si esigeva una legge particolare per le prelature nullius che comprendessero meno di tre parrocchie (e la Mission de France ne aveva solo una), adesso che il nuovo codice non dà alcun precetto su questo punto, la Prelatura della Mission de France, seguendo la prescrizione della costituzione apostolica con la quale fu eretta, rimane soggetta al diritto comune18 e, al contempo, continua a regolamentarsi con una legge propria che le permette di esprimere le sue caratteristiche19.

4. Analisi giuridico-canonica dell’istituzione

Non sembra questo il momento per fare una trattazione esauriente sull’argomento, ma solo di aggiungere al testo della legge propria della Mission de France un semplice commento legislativo di carattere informativo. In ogni caso, dall’analisi fatta in questa maniera scaturiscono degli elementi non privi d’interesse: il sostrato comune alle due leggi, così come le loro differenze, permettono di fissare con maggior chiarezza, in quanto aspetti che configurano la natura profonda20 della Mission de France, tra gli altri, il suo carattere di struttura gerarchica con territorio proprio21, necessariamente secolare22, con una doppia finalità: la prima, fornire clero missionario per curare le necessità pastorali di settori particolarmente scristianizzati23, che già costituisce un peculiare compito pastorale; e, secondariamente, offrire clero supplementare alle diocesi che ne hanno bisogno.

E’ doppia anche la natura della giurisdizione del Prelato: territoriale nel territorio di Pontigny, tuttavia si trasforma in una giurisdizione personale, cumulativa e sovradiocesana24 sui membri della Mission de France, per tutto ciò che riguarda la formazione e il governo interno. Questa duplicità di giurisdizione25 può portare a catalogare la Prelatura della Mission de France come una fictio iuris26 anche se può essere considerata una via utile, adeguata alle norme generali del Diritto, per raggiungere i fini istituzionali27. Come si è già messo in evidenza28, è difficile che si possa caratterizzare la Mission de France come Chiesa Particolare. Presenta invece meno dubbi il suo inserimento nel genere più ampio delle strutture pastorali della Gerarchia ecclesiastica ordinaria29.

Oltre le opere citate, sulla Mission de France si possono consultare i seguenti testi: J. Denis, La prélature “nullius” de la Mission de France, in «L’Année Canonique» 3 (1954-1955), pp. 27-36; Idem, La loi propre de la Mission de France, in «L’Année Canonique» 4 (1956), pp. 21-29; la recente opera di D. Perrot, Les fondations de la Mission de France, Paris, 1987.


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1 Il Card. Decourtray, Arcivescovo di Lione, era allora il Prelato della Mission de France; dal 1º ottobre 1988, il Prelato è Mons. André Lacrampe.

2 E’ stata approvata dal Decreto della Congregazione dei Vescovi del 28 maggio 1988, Prot. n. 730/87.

3 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptoris Missio, 7 dicembre 1990, ancora non apparsa sugli AAS. Ventinove anni prima di essere elevato al soglio pontificio, nel 1949, quando era un giovane sacerdote, Karol Wojtyła aveva scritto un articolo per il settimanale di Cracovia «Tygodnik Powszechny» sulla Mission de France, motivato dall’interesse suscitato in lui da questa istituzione che conobbe da vicino durante la sua permanenza in Francia.

4 Vedi p. es., P. Valdrini, La nouvelle loi propre de la Mission de France, in «L’Année Canonique» 31 (1988), pp. 269-289; e D. Le Tourneau, Le statut canonique de la Mission de France: passé, présent, avenir, in «Studia canonica» 24 (1990), pp. 357-382.

5 L’antecedente Loi propre de la Mission de France (d’ora in poi nelle note ALP) si può consultare in J. Faupin, La Mission de France. Histoire et Institution, Tournai 1960, pp.76-80.

6 Vedi Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptoris Missio, n. 32, dove dice: “Prima del Concilio, si diceva già di alcune metropoli o terre cristiane che si erano trasformate in ‘paesi di missione’; certamente la situazione non è migliorata nei tempi successivi”.

7 Pio XII, Cost. ap. Omnium Ecclesiarum, 15 agosto 1954, in AAS 46 (1954), pp. 567-574. Una raccolta di documenti riferentisi allo statuto giuridico della Mission de France, in ordine cronologico, viene offerta dall’articolo di D. Le Tourneau, Le statut canonique de la Mission de France: passé, présent, avenir, cit., p. 381, nota 124.

8 Vedi D. Le Tourneau, El presbiterio frente a la reevangelización: el caso de la Misión de Francia, in AA.VV., La formación de los sacerdotes en las circunstancias actuales. IV Simposio Internacional de Teología, Pamplona 1990, p. 738, in cui si dice (la traduzione è nostra): “L’adattamento dello statuto giuridico della prelatura di Pontigny al nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983 non ha modificato sostanzialmente la situazione precedente e ancor meno i suoi orientamenti pastorali e missionari”.

9 Nella legge propria precedente si avevano 6 rinvii specifici al Codice vigente (articoli della ALP 6, 14, 21, 22, 28 e 34 ai cc. del Codice 320 § 1, 368, 956, 112-117, 112-116, e 454 § 5 rispettivamente. L’attuale Loi propre de la Mission de France lo fa in 10 occasioni nei suoi articoli e ai canoni seguenti: l’art. 7 (giurisdizione del Prelato nel territorio di Pontigny) rinvia al c. 370; l’art. 11 (funzione del vicario generale) rinvia ai cc. 475-481; l’art. 12 (consigli per questioni economiche ed economo generale) rinvia ai cc. 492-493 e al c. 494 rispettivamente; l’art. 14 (consiglio presbiterale) rinvia ai cc. 495-501; l’art. 20 (candidati al sacerdozio) rinvia ai cc. 241 § 3 e 257; l’art. 21 (incardinazione alla Mission de France) rinvia ai cc. 267-272; l’art .22 (sacerdoti che passano a disposizione della Mission de France) rinvia al c. 271; l’art. 25 (incardinazione) rinvia ai cc. 267-275, e, in ultimo, l’art. 35 (conciliazione) rinvia al c. 1733.

10 Vedi, sulla collegialità, D. García Hervás, Régimen jurídico de la colegialidad en el Código de Derecho Canónico, Santiago de Compostela 1990.

11 Il comitato episcopale (Collegio di Consultori – figura che per il Diritto generale viene considerata per la prima volta nel CIC 83 -, sebbene si tratti di un Collegio di Consultori sui generis) è formato da vescovi che “aiutano il Prelato nel governo della Mission de France” e in questo caso inoltre, permette che si raggiunga un controllo più adeguato della Mission de France da parte dell’episcopato francese. E’ sui generis, fra l’altro, perché a differenza del Collegio dei Consultori di una diocesi che esercita la sua funzione quando il vescovo lo richiede (vedi sul Collegio di Consultori, J. I. Arrieta, La configuración jurídica del Colegio de Consultores in «Ius Canonicum» 24 [1984], pp. 783-797), il Comitato episcopale esercita le funzioni attribuitegli dall’art. 9 della Loi propre de la Mission de France (d’ora in poi in nota NLP). P. Valdrini osserva (La nouvelle loi propre de la Mission de France, cit., p. 277) che sebbene nella legge precedente la Mission de France poteva contare su un organo equiparabile a quello che è ora questo Collegio di Consultori, il fatto che la legge propria lo consideri come tale, lo riveste di tutte le caratteristiche che ha – secondo P. Valdrini – di potestà di governo.

12 Questi organi collettivi sono un Consiglio composto dal Vicario Generale, il responsabile del seminario e altri membri della Mission de France scelti dal Prelato (art.13 NLP), il Consiglio Presbiterale (art. 14 NLP), il Consiglio per le questioni economiche (art. 12 NLP), la Assemblea Generale dei membri della Mission de France che si riunisce almeno ogni 5 anni.

13 Vedi Paolo VI, Motu Proprio Ministeria Quaedam in AAS 64 (1972), pp. 529-534.

14 Art. 21 ALP: “Au moment de leur tonsure, les candidats sont incardinés à la prélature nullius de la Mission de France, nonobstant le canon 956 du CIC. Dès lors, c’est le Prélat, président de la Commission épiscopal, qui les appelle aux saints ordres, qui leur donne au besoin les lettres dimissionales et qui doit les considérer coram Domino comme ses propres sujets”.

15 L’ALP aveva 4 titoli (I. Nature e but, II. Gouvernement, III. Membres, IV. Les communautés missionnaires), mentre la NLP ne ha 5 (I. Nature e but, II. Gouvernement, III. Membres, IV. Équipes, V. Relations avec les diocèses).

16 Due anni per la NLP invece di uno per l’ALP.

17 Ora si chiama équipe ciò che prima era una maison.

18 “Necessitatem suadet quae iuris communis legibus ac principiis prorsius respondeat”, Pio XII, Costituzione Apostolica Omnium Ecclesiarum, prefazione.

19 Non è difficile enumerare altri enti istituzionali i cui tratti generali siano previsti da una legge quadro mentre in dettaglio sono regolati da leggi particolari: entrambe – la legge quadro, che in molte occasioni è lo stesso CIC, e la legge particolare – sono Diritto comune in contrapposizione al Diritto speciale. Così avviene, per es., con le regolamentazioni delle Conferenze Episcopali (vedi i cc. 447-459 del CIC – legge quadro – e gli statuti di ogni Conferenza Episcopale – legge particolare – in R. Astorri, Gli statuti delle conferenze episcopali. I . Europa, Padova 1987; e I. C. Ibán, Gli statuti delle conferenze episcopali. II. America, Padova 1989). In questa categoria generale di enti istituzionali, ma prendendo in considerazione specificamente quelli che, come le prelature territoriali, appartengono alla struttura gerarchica della Chiesa, si fa anche ricorso alla legislazione particolare: vedi gli statuti degli Ordinariati Militari (p. es. quelli pubblicati in questa rivista: di Francia, Stati Uniti, El Salvador e Gran Bretagna nel fascicolo 1 [1989], alle pp. 377, 389, 779 e 786, rispettivamente; del Portogallo, Australia e Spagna nel 2 [1990], pp. 391, 747 e 802, rispettivamente) o il Codex iuris particularis Operis Dei della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei (in A. De Fuenmayor-V. Gómez Iglesias-J. L. Illanes, L’itinerario giuridico dell’Opus Dei: storia e difesa di un carisma, Milano 1991, pp. 875-914).

20 D. Le Tourneau utilizza questa espressione – nature profonde – in Le statut canonique de la Mission de France: passé, présent, avenir, cit., p. 360.

21 Si mantiene l’espressione della Costituzione Apostolica Omnium Ecclesiarum nell’art. 1 della NLP: “Prélature avec territoire propre et Prélat ordinaire propre”.

22 P. Valdrini, La nouvelle loi propre de la Mission de France, La nouvelle loi propre de la Mission de France, cit., p. 270, si riferisce al “caractère séculier qu’elle revendiquera tout au long de son histoire comme une spécificité devant affecter sa figure juridique”.

23 Vedi art. 3 NLP, che dice “La Mission de France a pour but de fournir aux Ordinaires qui en manifestent le désir une contribution à l’effort missionnaire dans leur diocèse, en particulier pour faire face à des situations missionnaires auxquelles le clergé local ne peut répondre seul (…)”.  Non è difficile mettere in  relazione  tale effort missionnaire, cui si è fatto riferimento in questo art. 3, con le seguenti parole di Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Redemptoris Missio, n. 68: “Si dovranno mandare sacerdoti scelti tra i migliori, idonei e debitamente preparati per il lavoro peculiare che li aspetta. Dovranno inserirsi nel nuovo ambiente della Chiesa che li riceve con animo aperto e fraterno e costituiranno un unico presbiterio con i sacerdoti del luogo, sotto l’autorità del vescovo”.

24 Vedi D. Le Tourneau, Le statut canonique de la Mission de France: passé, présent, avenir, cit., p. 374, dove dice: “Quant au corps sacerdotal missionnaire mis à disposition des évêques diocésains, le prélat de la Mission de France exerce à leur égard sa juridiction de façon juxtaposée avec les évêques diocésains, c’est-à-dire sur les mêmes sujets mais pour des matières différentes”. P. Lombardía-J. Hervada, Sobre prelaturas personales, in «Ius Canonicum», 27 (1987), pp. 63 e 65. I due autori distinguono questa giurisdizione (Diritto comune) dall’esenzione (privilegio). Vedi anche C. Soler, La jurisdicción cumulativa, in «Ius Canonicum» 28 (1988), pp. 131-180, e D. Le Tourneau, La juridiction cumulative de l’Ordinariat aux Armées, in «Revue de droit canonique», 37 (1987), pp. 171-214.

25 Vedi i dati che figurano nell’Annuario Pontificio (anni 86-91):


Tra le 62 Prelature Territoriali riportate nell’Annuario Pontificio del 1991 (pp. 990-1105), la Prelatura Territoriale della Mission de France è l’unica con meno di tre parrocchie.


Dalla comparazione dei dati che figurano nella tavola con quelli che si riferiscono alle altre Prelature Territoriali risulta che la Prelatura della Mission de France è quella che conta un maggior numero di seminaristi, mentre ha il minor numero di battesimi. Certamente è l’unica con un maggior numero di seminaristi che di battesimi. Bisogna anche considerare il fatto che i seminaristi non provengono dall’unica parrocchia di Pontigny, ma da tutta la Francia, sebbene non possono esser tralasciate circostanze riguardanti la popolazione del comune di Pontigny, ad es., il numero degli abitanti (833 nell’aprile 1989) non troppo elevato. In ogni caso, queste comparazioni di dati rendono evidenti i contrasti tra la Mission de France e le altre Prelature Territoriali, contrasti che in buona misura risultano dall’agire simultaneo, nella Mission de France, di due ambiti di giurisdizione.

26 Vedi in tal senso D. Le Tourneau, Le statut canonique de la Mission de France: passé, présent, avenir, cit., p. 376 e P. Valdrini, La nouvelle loi propre de la Mission de France, cit, p. 274; P. Lombardía-J. Hervada, Sobre prelaturas personales, cit., p. 23, tuttavia, affermano che “senza dubbio non si tratta di una fictio iuris come alcuni hanno pensato, poiché niente si finge contro rei veritatem; e nemmeno può esserci un’equiparazione formale perché si tratta di una vera prelatura” (la traduzione è nostra).

27 Vedi P. Lombardía-J. Hervada, Sobre prelaturas personales, cit., p. 23: “Alle istituzioni stesse, ai loro promotori, ai loro responsabili compete la funzione di cercare per esse la formula che considerino più adeguata. Di più, non è da respingere l’ipotesi del fatto che altre istituzioni simili alla Mission de France si richiamino alla stessa formula giuridica. Però è necessario tener conto che tale soluzione – per la componente di artificio giuridico che implica – ha senso solo in casi isolati, dal momento che la formula della prelatura personale (…) è molto più normale e propria” (la traduzione è nostra).

28 Vedi, p. es., P. Valdrini, La nouvelle loi propre de la Mission de France, cit., p. 279.

29 Vedi P. Lombardía-J. Hervada, Sobre prelaturas personales, cit., p. 64.