Valentín Gómez-Iglesias C.
1. Alla ricerca di nuove vie
San Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, agli inizi del pontificato di Giovanni XXIII, eletto il 28 ottobre 1958, ritenne giunto il momento di sottoporre alla Santa Sede la questione dell’inquadramento istituzionale dell’Opus Dei, corrispondente al carisma originario1: in effetti, dal 1960 in poi cominciò ad agire in modo deciso, partendo da categorie e da strutture nell’ambito della giurisdizione ecclesiastica ordinaria e non più, come nei primi anni cinquanta, dalla normativa degli istituti secolari che lo aveva obbligato a ribadire costantemente la specificità dell’Opus Dei e la sua differenziazione rispetto agli istituti religiosi2.
Consapevole della difficoltà del tentativo, dopo averlo meditato a lungo alla presenza del Signore, nella primavera dell’anno 1960 decise di informare, in modo molto prudente, il Card. Tardini, Segretario di Stato, riguardo al problema istituzionale e al suo desiderio di una revisione dello statuto giuridico dell’Opus Dei nella linea delle Prelature nullius previste dal Codice di Diritto Canonico allora vigente3. In sostanza nella consultazione ufficiosa si considerava che: a) l’Opus Dei potrebbe passare a «dipendere dalla S. Congregazione Concistoriale4, la quale sarebbe in grado di risolvere contemporaneamente i maggiori problemi»; b) «basterebbe creare una Prelatura nullius», «con una sola parrocchia», permettendo «l’incardinazione di tutti i sacerdoti dell’Istituto nel territorio della Prelatura stessa, in modo da farli diventare non solo secolari, ma diocesani»; c) se «i sacerdoti dell’Istituto sono sacerdoti secolari e diocesani, a fortiori i membri laici saranno da tutti considerati come laici secolari, non religiosi», confermando che «i membri laici sono semplici fedeli, cittadini normali, comuni laici»; d) «questa soluzione darebbe quella desiderata maggior impronta di secolarità a tutto l’Istituto».
San Josemaría venne informato dell’opposizione alla soluzione prospettata da parte del Card. Valeri, Prefetto della S. Congregazione dei Religiosi. Successivamente, il 27 giugno 1960, il Card. Tardini concesse un’udienza a San Josemaría nel corso della quale consigliò di lasciare che le cose restassero per il momento così com’erano, giacché era necessario aspettare: «siamo ancora molto lontani». «È stato gettato il seme, che prima o poi non mancherà di fruttificare», fu il commento di San Josemaría dopo l’udienza5.
2. La richiesta a Giovanni XXIII nel 1962 di una Prelatura con statuti propri
Pur rendendosi conto -anche per la recente esperienza del risultato della consultazione ufficiosa del Card. Tardini, scomparso il 30 luglio 1961- che le circostanze non erano ancora propizie, vista l’insistenza del Card. Ciriaci, Prefetto della S. Congregazione del Concilio, presentò al Romano Pontefice una formale richiesta di revisione dello statuto giuridico il 7 gennaio 19626. La lettera al Santo Padre era un documento sintetico che riassumeva le ragioni e il contenuto della richiesta. Si apriva con l’esposizione delle difficoltà che all’Opus Dei derivavano dalla sua attuale configurazione giuridica, per passare successivamente alla proposta di superamento di tali inconvenienti: «occorrerebbe dare all’Istituto un nuovo assetto giuridico» che riesca a «chiarire definitivamente il carattere secolare dell’Istituto (e dei suoi membri) anche nella struttura giuridica esterna e nella dipendenza dai Dicasteri della S. Sede, di modo che si tolga il pretesto di assimiliazione ai religiosi sia dei laici che dei sacerdoti dell’Opus Dei». La lettera suggeriva due possibilità: una che coincideva, anche se espressa in forma schematica, con quanto prospettato nel 1960 al Card. Tardini e alla quale non si fa più cenno in tutta la documentazione via via presentata per sviluppare e illustrare la richiesta; e l’altra, su cui si concentra tutta la documentazione, con le spiegazioni e le precisazioni di San Josemaría7. In sostanza -come si desume da tutta la documentazione presentata- questa possibilità contemplava: a) di «erigere l’Istituto in Prelatura nullius, come la Mission de France8, nella quale il Prelato avrebbe facoltà ordinarie sul proprio clero e sul popolo come quelle degli Ordinari castrensi sui propri sacerdoti e sui militari»; b) «come territorio proprio della Prelatura» che «sarebbe necessario (necessitate iuris), si indicano a titolo esemplificativo, e subordinatamente: il piccolo territorio dell’attuale sede della Casa Generalizia (Viale Bruno Buozzi 73, Roma); un piccolo territorio in una delle diocesi più o meno vicine a Roma, ma sempre in Italia, perché ciò sembra postulare la natura universale (e spiccatamente romana) dell’Istituto»; c) questa soluzione «rientra nella cornice dello ius conditum. Infatti, secondo il can. 319, ogni Prelatura nullius, con clero e popolo proprio e con meno di tre parrocchie, deve reggersi con un diritto speciale: nel caso nostro, questo diritto speciale sarebbe composto dalle Costituzioni già approvate dalla S. Sede, con le modifiche che la Commissione Cardinalizia vorrà apportarvi, e dagli altri documenti pontifici che riguardino l’Opus Dei»; tali modifiche sono quelle «necessarie per definire la sua nuova sistemazione giuridica, o per adeguare a questa alcune norme del nostro diritto interno»; d) in conseguenza dell’erezione in Prelatura nullius, l’Opus Dei dovrebbe «dipendere dalla S. Congregazione Concistoriale» con «le medesime facoltà che ha riguardo agli Ordinariati castrensi e alla Mission de France»; e) «Dipendenza dai Vescovi. Non desideriamo affatto che questa dipendenza venga alterata con la nuova soluzione. L’unico cambiamento, in questo aspetto, si avrebbe riguardo al piccolo territorio della Prelatura: per tutto il resto, nihil immutetur»; f) «il Prelato sarebbe il Presidente Generale dell’Opus Dei», che «si nominerebbe nella forma determinata dalle Costituzioni» attuali, però ora «richiederebbe la conferma della Santa Sede»9.
Come nella consultazione ufficiosa di due anni prima, San Josemaría dichiarava: «L’unica intenzione che è alla base di questo progetto e di questa domanda dell’Istituto, è solamente quella di conservare intatta la fisionomia spirituale dell’Istituto stesso, e di ottenere il massimo frutto spirituale dal lavoro apostolico che i sodali dell’Opus Dei svolgono in tutto il mondo per il servizio della Chiesa e il bene delle anime», e perché di nuovo restasse ancor più chiara quest’unica intenzione, siccome il Prelato sarebbe stato il Presidente Generale dell’Opus Dei, San Josemaría dichiarava anche che «se si ritenesse che per giungere alla soluzione prospettata, che ritengo in Domino necessaria, potesse essere di ostacolo la mia umile persona, sarei ben lieto di mettermi in disparte in seno all’Istituto»10.
Sono di grande importanza per il nostro argomento, alcune affermazioni e riflessioni di San Josemaria riportate nella documentazione presentata alla Santa Sede. San Josemaría informa per la prima volta ufficialmente la Santa Sede del contenuto della sua «intenzione speciale» come fondatore: «La sistemazione giuridica che intravvedevo, sin dal 1928, era qualcosa di simile agli Ordinariati o Vicariati castrensi, composti da sacerdoti secolari, con una missione specifica, e da laici, i quali hanno bisogno, per le loro peculiari circostanze, di un trattamento giuridico ecclesiastico e di una assistenza spirituale adeguati: nel caso nostro, le peculiarità provenivano -e provengono- dalle esigenze di svolgere l’apostolato secolare in tutte le schiere della società, in posti inaccessibili o vietati ai sacerdoti e ai religiosi, a mezzo di laici con una dedicazione permanente, con una formazione spirituale e intellettuale specifica, con un vincolo vicendevole che li unisce con l’Istituto»11.
San Josemaría cercò di prevenire possibili difficoltà e malintesi che avrebbero potuto sorgere riguardo alla soluzione prospettata, in particolare riguardo alla sua novità e al suo carattere straordinario. «La soluzione non è nuova. […] si contano invero non pochi precedenti, che autorizzano a non considerare la predetta soluzione come una novità. Infatti: a) Vi sono nella Chiesa parecchi Prelati (cfr. Annuario Pontificio, 1962, pp. 1313-1314) con giurisdizione territoriale e personale, per l’assistenza spirituale degli emigrati dei diversi riti orientali. Questi Prelati hanno a volte come territorio con giurisdizione esclusiva soltanto una Chiesa, ed hanno inoltre giurisdizione personale in un territorio pluridiocesano, e la facoltà di incardinare i propri sacerdoti (cfr., per esempio, fra gli altri, A.A.S. , LI (1959), p. 789). b) Si ricorda l’esempio degli Ordinariati castrensi e della Mission de France: i primi, per l’assistenza spirituale di gruppi di persone che si trovano in condizioni peculiari; la seconda per lo svolgimento di un apostolato specifico. Riteniamo umilmente che, nel nostro caso, vi siano altrettante ragioni (l’assistenza spirituale a dei laici che svolgono, con una formazione specifica, un apostolato di avanguardia) le quali consigliano di adottare una soluzione simile a quelle ora prospettate»12. In un altro passo della documentazione, completa la spiegazione in modo chiaro e preciso: «La soluzione prospettata non sarebbe una cosa straordinaria, ma una semplice combinazione tra i due tipi di istituzioni interdiocesane che ora dipendono da questa S. Congregazione [Concistoriale], e cioè gli Ordinariati castrensi e la Mission de France»13. Come non vedere in questa combinazione tra le due figure, invocata da San Josemaría, la figura conciliare della «peculiare diocesi o prelatura personale» per «l’attuazione di peculiari opere pastorali» del Concilio Vaticano II (Decreto Presbyterorum Ordinis, n. 10)? Come non ricordare che il proemio della Bolla Ut sit afferma, in riferimento alla nuova figura conciliare, che «apparve chiaro che tale figura era perfettamente adeguata all’Opus Dei»? Come non pensare a questa combinazione tra le due figure quando, quasi vent’anni dopo, la Congregazione per i Vescovi nella Nota informativa ai Vescovi circa l’erezione dell’Opus Dei in Prelatura personale, del 14-XI-198114, metteva in risalto «le finalità reduplicativamente pastorali della Prelatura» dell’Opus Dei15: ad intra, l’assistenza spirituale peculiare dei fedeli della Prelatura e ad extra, lo svolgimento di un apostolato specifico da parte dei sacerdoti e dei laici dell’Opus Dei16?
Il 22 maggio 1962, San Josemaría ricevette una lettera del Card. Cicognani nella quale il Segretario di Stato gli comunicava che la richiesta non poteva essere accolta, perché allora presentava difficoltà giuridiche e pratiche pressoché insuperabili.
Come abbiamo visto, in sostanza, la suddetta soluzione al problema istituzionale dell’Opus Dei prospettata nel 1962, consisteva nella trasformazione dell’Opus Dei in una Prelatura con statuto proprio, a norma del can. 319, paragrafo 2, del Codice di Diritto Canonico allora vigente. San Josemaría era consapevole del fatto che la predetta norma riguardava soltanto le Prelature a carattere territoriale e non si sarebbe potuta applicare all’Opus Dei se non con un’interpretazione estensiva; perciò espresse il desiderio che lo statuto adottasse una soluzione simile alle giurisdizioni territoriali e personali che esistevano in quell’epoca: gli Ordinariati o Vicariati castrensi; la Prelatura nullius di Pontigny o Mission de France e i diversi Prelati per fedeli di rito orientale fuori dal territorio patriarcale e senza gerarchia propria costituita.
3. Agli inizi del pontificato di Paolo VI: l’Appunto riservato al Papa, del 1964
Il 3 giugno 1963 morì Giovanni XXIII e gli successe Paolo VI. Quasi subito Paolo VI confermò la prosecuzione del Concilio Vaticano II. Sia personalmente sia attraverso don Álvaro del Portillo, San Josemaría informò diverse personalità ecclesiastiche circa il problema istituzionale dell’Opus Dei, ed in particolare il Card. Confalonieri, Segretario della S. Congregazione Concistoriale, alla quale San Josemaría auspicava che passasse la competenza sull’Opus Dei17. Il 31 ottobre 1963, San Josemaría scrisse una lettera al Card. Antoniutti, Prefetto della S. Congregazione dei Religiosi, allegando il testo delle Costituzioni, nell’edizione del 24 ottobre 1963, che veniva ora intitolato Codex Iuris Peculiaris: «Sono consapevole che, come ho manifestato parecchie volte a V. E., manca ancora molto per arrivare alla soluzione giuridica definitiva dell’Opus Dei. Mi conforta, però, la certezza che Iddio Onnipotente, tramite la sua Chiesa, non mancherà di aprirci la strada che Lui ha voluto fin dal lontano 1928 e che allora sembrava qualcosa di impossibile da realizzare». E continuava: «In attesa che giunga quel momento, tutti i miei figli e le mie figlie, sparsi in tutto il mondo, continuano a pregare per questa intenzione, perché son ben consci che l’Opus Dei è di diritto un istituto secolare, ma non lo è di fatto»18. Questo principio, frequentemente manifestato da San Josemaría, venne così ufficialmente comunicato all’autorità da cui l’Opus Dei ancora dipendeva gerarchicamente.
Il 14 febbraio 1964, dopo un’affettuosissima udienza con Paolo VI -che ebbe luogo il 24 gennaio precedente- nel corso della quale il Santo Padre dimostrò il proprio interessamento al problema istituzionale dell’Opus Dei, San Josemaría fece inoltrare al Papa una lettera19, che accompagnava una copia del Codex Iuris Peculiaris. Si allegavano anche una Lettera scritta da San Josemaría in occasione del trentesimo anniversario dell’Opus Dei, con data del 2 ottobre 1958, una copia del volumetto De spiritu e, su consiglio di Mons. Dell’Acqua, Sostituto della Segreteria di Stato, un’ampia nota, intitolata Appunto riservato all’Augusta Persona del Santo Padre, nella quale a mo’ di nota di coscienza, esponeva alcune questioni e preoccupazioni. Nell’appunto San Josemaría inseriva alcuni cenni al problema istituzionale, esprimendo il desiderio di «una soluzione definitiva, che renda impossibile la nostra equiparazione ai religiosi, che impedisca giuridicamente e praticamente l’inclusione dell’Opus Dei tra gli stati di perfezione». Riferendosi alla richiesta del 1962 di una Prelatura con statuti propri, San Josemaría aggiungeva: «Tale soluzione andrebbe senz’altro cercata nell’ambito del diritto comune: ho già presentato dei documenti che, a suo tempo, potrebbero forse servire come base per risolvere in modo chiaro e giusto il nostro problema spirituale ed apostolico»20.
Nella lettera al Papa che accompagnava l’appunto, San Josemaría aveva scritto: «Per quanto concerne l’assetto giuridico dell’Opus Dei, tengo a ribadire quanto ebbi occasione di dirLe a viva voce, e cioè che non abbiamo fretta».
San Josemaría, né con questa lettera, né con l’appunto allegato, presentava una richiesta formale di revisione dello statuto giuridico dell’Opus Dei, poiché sapeva bene che era conveniente attendere la conclusione del Concilio. Nel mese di maggio successivo, al termine di una lunga conversazione con l’Arcivescovo Paul Philippe O.P., allora Segretario della S. Congregazione dei Religiosi, sulla natura dell’Opus Dei e il problema del suo inquadramento giuridico, San Josemaría apprese che ad alcuni ecclesiastici era già stato chiesto un parere sulla questione istituzionale dell’Opus Dei, sulla base dell’appunto riservato inviato a Paolo VI21. Seppe anche che alcuni pareri emessi -sebbene tutti lodassero l’attività dell’Opus Dei- si manifestavano non favorevoli alla revisione, almeno in quel momento, dello statuto giuridico dell’Opus Dei. Pare che la motivazione dei pareri non favorevoli fosse in questa linea: i membri dell’Opus Dei, proprio perché emettono voti, sebbene privati e non pubblici, sono come religiosi e pertanto l’Istituzione deve dipendere dalla Congregazione dei Religiosi. San Josemaría vide di nuovo confermato quanto più volte aveva scritto. Così in una Lettera datata 25 maggio 1962: «Le persone, e non solo l’uomo della strada e le autorità civili, ma anche quasi tutti gli ecclesiastici, compresi alcuni membri della Gerarchia, considerano religiosi tutti coloro che fanno parte di un Istituto Secolare, per il solo fatto che ne sono membri e che dipendono dalla Sacra Congregazione dei Religiosi»22.
San Josemaría, che si trovava nel nord della Spagna, in previsione della possibile richiesta di un parere al riguardo anche al Card. Antoniutti, in quanto Prefetto della Congregazione dei Religiosi, nei primi giorni di agosto chiese a Mons. Salvatore Canals, Prelato Uditore della Sacra Romana Rota, che era a Roma in quel periodo, di mettersi in contatto con il Cardinale per trasmettergli la preghiera di San Josemaría di dare una risposta interlocutoria, rimandando tutto a settembre quando, una volta tornato a Roma, avrebbero potuto parlare di nuovo dell’argomento, come già avevano fatto prima dell’estate; se invece avesse voluto rispondere subito, suggeriva di proporre che si applicasse all’Opus Dei la soluzione della Propositio VIª («dioeceses vel praelaturae personales»)23 dello Schema conciliare De sacerdotibus, del marzo-aprile del medesimo anno; altrimenti San Josemaría sarebbe rientrato subito a Roma. Così fece Mons. Canals il 7 agosto 1964: il Card. Antoniutti mostrò molto interesse per questa soluzione, ma disse che era meglio aspettare la conclusione del Concilio e nel frattempo continuare a dipendere dalla Congregazione da lui presieduta. Consideriamo di grande importanza il fatto che San Josemaría, in occasione di questo studio non richiesto da lui, avesse indicato al Prefetto della Congregazione da cui dipendeva ancora l’Opus Dei, come futura e desiderabile configurazione giuridica concreta, tra le possibilità che il Concilio Vaticano II stava aprendo, la figura della Prelatura (che per la prima volta viene denominata «personale») presente nel summenzionato schema di dieci proposizioni De sacerdotibus del 1964.
Pochi giorni più tardi, San Josemaría scrisse una lunga lettera a Mons. Dell’Acqua, datata Parigi, 15 agosto 1964 . In essa dichiarava: «penso che, a Concilio finito, forse si potrebbe studiare la nostra questione». Riferendosi a tale studio, la lettera continuava: «Se, come di prassi, si chiederà allora -quando si farà tale studio- il parere di alcune persone della Curia, non mi potrebbe affatto recar meraviglia che queste, in perfetta buona fede e pur essendo ottimi specialisti in Sacra Teologia e in Diritto, arrivassero a delle conclusioni contrarie, anzi contraddittorie -anche riguardo a dei fatti concreti-, se si basassero soltanto sui documenti che ho inviato al Santo Padre […] noi non siamo come religiosi secolarizzati ma dei veri secolari -preti diocesani in ciascuna diocesi e laici comuni- che non cercano la vita di perfezione evangelica propria dei religiosi, ma la perfezione cristiana nel mondo, nel proprio stato». E aggiungeva che «nessuno potrebbe considerare il suo parere come definitivo senza sentirmi prima, senza un dialogo chiarificatore, perché senza questo studio fatto insieme non potrebbe certamente avere sufficiente conoscenza dell’Opus Dei, mancandogli i dati che io umilmente dovrei fornire. In questa guisa si potrà arrivare ad una soluzione che non sia di eccezione, né di privilegio […]; che i diritti dei Vescovi continuino ad essere, come adesso, ben saldi e sicuri […]»24.
Il 10 ottobre 1964, Paolo VI concesse a San Josemaría una nuova udienza che fu ancora una volta molto cordiale. Parlarono del problema istituzionale dell’Opus Dei e convennero di aspettare la fine del Concilio Vaticano II che avrebbe potuto fornire elementi validi per trovare una soluzione giuridica definitiva, adeguata al carisma dell’Opera e all’interno del diritto comune25. La soluzione, infatti, si trovò nell’ipotesi -già prospettata da San Josemaría- della Prelatura personale, figura espressamente prevista dal Decreto conciliare Presbyterorum ordinis e recepita nel vigente Codice di Diritto Canonico, ma nei piani di Dio era stabilito che San Josemaría vedesse prima il traguardo dal Cielo.
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1 Sulle configurazioni giuridiche precedenti dell’Opus Dei e i loro limiti, cfr. A. de Fuenmayor, V. Gómez-Iglesias, J.L. Illanes, L’itinerario giuridico dell’Opus Dei. Storia e difesa di un carisma, Milano 1991, 95-450 [d’ora in avanti L’itinerario giuridico…] e A. Vázquez de Prada, Il Fondatore dell’Opus Dei, vol. I, Como 1999; vol II, Como 2003, 435-440, 487-496, 621-651; vol III, Como 2004, 7-94, 141-174 [d’ora in avanti Il Fondatore dell’Opus Dei…].
2 Fin dal primo momento della fondazione, San Josemaría aveva visto sempre l’Opus Dei come un’istituzione i cui membri non sarebbero stati religiosi né in alcun modo equiparabili ai religiosi. E questo non per mancanza di affetto per i religiosi: era fuori dubbio, che li amava e venerava con tutte le sue forze, ma l’apostolato dell’Opus Dei sarebbe stato svolto in mezzo al mondo in tutte le sfere della società civile per mezzo di laici comuni, cittadini uguali agli altri. «Veneriamo e rispettiamo profondamente la vocazione sacerdotale e quella religiosa e tutto l’immenso lavoro che i religiosi hanno svolto e svolgeranno al servizio della Chiesa: perciò non sarebbe un buon figlio mio chi non avesse questo spirito. Ma, nello stesso tempo, ripetiamo che la nostra chiamata e il nostro lavoro -poiché sono un invito a rimanere nel mondo e le nostre attività apostoliche si svolgono nelle e a partire dalle attività secolari- differiscono completamente dalla vocazione e dal lavoro affidato ai religiosi» (J. Escrivá de Balaguer, Lettera 11-III-1940, n. 40).
3 Su questa consultazione al Card. Tardini, cfr. L’itinerario giuridico…, 450-457 e Il Fondatore dell’Opus Dei… vol. III, 519-521.
4 Oggi denominata Congregazione per i Vescovi.
5 AGP [Archivio Generale della Prelatura], Sezione Giuridica, VI/15611.
6 Su questa richiesta del 1962, cfr. L’itinerario giuridico…, 464-474 e Il Fondatore dell’Opus Dei… vol. III, 521-522.
7 La lettera al Santo Padre Giovanni XXIII è riportata in L’itinerario giuridico…, 800-802.
8 L’erezione della Mission de France come Prelatura nullius ebbe luogo con la Cost. Ap. Omnium Ecclesiarum sollicitudo, 15-VIII-1954: AAS, 46 (1954) 567-574.
9 AGP, Sec. A, Leg. 0276, Carp. 04, EF-620107-2t; Leg. 0277, Carp. 01, EF-620308-1t; Leg. 0277, Carp. 02, EF-620412-1t.
10 EF-620308-1t, nn. 1, 15 e 17, cit. in nota 9.
11 EF-620308-1t, n. 3, cit. in nota 9.
12 EF-620412-1t, n. 1, cit. in nota 9.
13 EF 620308-1t, n.13, cit. in nota 9.
14 M. Costalunga, L’erezione dell’Opus Dei in Prelatura personale: «L’Osservatore Romano», 28-XI-1982, 3; Id., I lavori preparatori alla promulgazione della Costituzione Apostolica Ut sit -Appunti personali di un testimone, Roma, 1 aprile 1998 (pro manuscripto).
15 Cfr. L’itinerario giuridico…, 665-666.
16 Si riferisce anche a questa «finalità qualificatamente pastorale della Prelatura» il Card. Baggio in S. Baggio, Un bene per tutta la Chiesa: «L’Osservatore Romano», 28-XI-1982, 3.
17 AGP, PO1 1982, p. 1388.
18 Il testo di questa lettera si può vedere in L’itinerario giuridico…, 805.
19 Il testo della lettera a Paolo VI può essere consultato in L’itinerario giuridico…, 806-807.
20 AGP, Sec. A, Leg. 0280, Carp. 02, EF-640214-2t.
21 Su questi fatti, cfr. L’itinerario giuridico…, 494-498 e Il Fondatore dell’Opus Dei… vol. III, 525-526.
22 J. Escrivá de Balaguer, Lettera 25-V-1962, n. 23.
23 «6. (Cleri distributio apte fovenda). Normae de incardinatione et excardinatione ita recognoscantur ut, firmo manente pervetere hoc instituto, hodiernis pastoralibus adiunctis et necessitatibus aptius respondeant, et, ubi ratio apostolatus postulaverit, faciliora reddantur non solum cleri dioecesani distributio, sed etiam peculiaria quaedam opera pastoralia, quae in aliqua regione, vel natione, aut in quacumque terrarum orbis parte, aut etiam pro quibusdam coetibus socialibus perficienda sunt; ad hoc ergo constituantur seminaria internationalia, dioeceses vel praelaturae personales et alia huiusmodi, salvis semper iuribus Ordinariorum locorum» (Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici Vaticani II, III-IV, Typis Polyglottis Vaticanis 1974, 848).
24 Questa lettera si può consultare in L’itinerario giuridico…, 807-810.
25 Cfr. Il Fondatore dell’Opus Dei… vol. III, 526.