Le prelature personali sono strutture giurisdizionali dell’organizzazione pastorale e gerarchica della Chiesa. Tuttavia nella fase finale del processo di elaborazione del Codice di Diritto Canonico (CIC) del 1983, è stato deciso di non includere la figura delle prelature personali nella II parte del I libro (“Della costituzione gerarchica della Chiesa”) ma nella I parte (“Dei fedeli cristiani”). Con questa scelta si voleva segnalare che esse non costituiscono Chiese particolari, in senso strettamente canonico e teologico. Tuttavia, come ha confermato il Papa Giovanni Paolo II l’8 gennaio 1983, contemporaneamente alla promulgazione del Codice come supremo Legislatore, “la collocazione nella parte I del libro II non altera il contenuto dei canoni che si riferiscono alle Prelature personali, le quali pertanto, pur non essendo Chiese particolari, continuano a essere sempre strutture giurisdizionali, di carattere secolare e gerarchico, erette dalla Santa Sede per la realizzazione di peculiari attività pastorali, come ha stabilito il Concilio Vaticano II (lettera ex audientia Sanctissimi del Cardinale Prefetto della Congregazione per i Vescovi, 17-I-1983). In effetti, bisogna considerare che, oltre alle Chiese particolari, esistono nell’ambito dell’organizzazione gerarchica della Chiesa “istituzioni e comunità stabilite dall’Autorità Apostolica per peculiari compiti pastorali. Queste, in quanto tali, appartengono alla Chiesa universale, anche se i loro membri sono anche membri delle Chiese particolari in cui vivono e lavorano (Congregazione per la dottrina della fede, Lettera Comunionis notio su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, 28-V-1992, n. 16).
Nonostante la collocazione sistematica nel Codice possa non risultare la più adeguata (perché, da una parte è chiara la sua eterogeneità rispetto alle altre materie che si trattano nella parte I del libro II e dall’altra questa collocazione ha sollevato dubbi in una parte della dottrina canonica sulla natura delle circoscrizioni ecclesiastiche delle prelature personali), in realtà si tratta di un aspetto secondario, perché la vera natura di un’istituzione si deduce dalle norme sostanziali che la regolano. D’altronde anche nel caso delle prelature personali è indispensabile considerare le previsioni del Concilio Vaticano II per comprendere le norme del CIC che le regolano. Il Concilio ha postulato, insieme ad altre figure (“diocesi peculiari, seminari internazionali, e altre istituzioni simili”), la prelatura personale: un tipo peculiare di prelatura – peculiare rispetto alle prelature nullius, che erano le uniche esistenti allora – per facilitare, per motivi di apostolato, “non solo una più adeguata distribuzione dei presbiteri, ma anche la realizzazione di peculiari opere pastorali, a favore di diversi gruppi sociali, in una regione o nazione e anche in tutto il mondo” (Decreto Presbyterorum ordinis, n. 10; cfr. c. 294 CIC); anche nel Decreto Ad Gentes, n. 27, nt. 74, si parla di “diocesi e prelature personali”. Dall’iter dei documenti conciliari si deduce che si tratta di provvedere a necessità pastorali che non possono essere attese debitamente dalle strutture pastorali in base al modo ordinario di organizzarsi.
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Il contenuto dei canoni del Codice sulle prelature personali è tratto dal n. I, 4 del Motu proprio Ecclesiae Sanctae, dell’8.VIII.1966, testo principale della legislazione posteriore il Concilio su questa figura che gli ha fornito la struttura giuridica fondamentale. La Costituzione apostolica Regimini Ecclesiae Universae (n. 49, I) ha sottolineato anche l’indole propria delle prelature personali come strutture gerarchiche ordinarie, nell’assegnare alla Congregazione per i Vescovi la competenza sui tramiti necessari per erigerle e per la nomina del prelato, nel contesto delle altre strutture di questo tipo: diocesi, vicariati castrensi, ecc. La Costituzione apostolica Pastor Bonus mantiene l’assegnazione di queste competenze allo stesso dicastero. (art. 80).
Per maggiori informazioni: articolo di José Luis Illanes sulla lettera ex audientia del Card. Baggio a Mons. Álvaro del Portillo, 17-I-1983.